Sab, 18 Mag, 2024

"San Girolamo nello studio", la tela di Colantonio del Fiore che infonde serenità e amore per la cultura e gli animali

"San Girolamo nello studio", la tela di Colantonio del Fiore che infonde serenità e amore per la cultura e gli animali

E’ un quadro che normalmente si trova nelle collezioni permanenti del Palazzo Reale del Museo  Capodimonte a Napoli. Ma grazie agli accordi fra il Ministero della Cultura, il Museo e Real Bosco di Capodimonte ed i Musei Reali di Torino, è possibile vederlo, fino a settembre, esposto nelle sale del complesso sabaudo della Reggia di Diana a Venaria, insieme ad altre pregevoli opere. Circa una settantina. Tra cui tele di Artemisia Gentileschi, Caravaggio, Tiziano, Masaccio, Parmigianino, fino Andy Warhol, visibili nell’ambito della mostra “Capodimonte da Reggia a Museo. Cinque secoli di capolavori da Masaccio ed Andy Warhol”.

L’opera è il “San Girolamo nello studio” realizzato da Colantonio del Fiore nel 1445. Una tela imponente, che racchiude molti degli elementi caratterizzanti la figura di questo monaco eremita, colto traduttore, poi nominato cardinale. E' ricordato in particolare per aver tradotto in latino l’intera Bibbia: la famosa “Vulgata” di San Girolamo. Impresa, avviata su sollecitazione di Papa Damaso I, di cui Girolamo era il segretario, che occupò ben 23 anni della sua vita, prima di essere portata a termine. Tradizione vuole che Girolamo scelse di vivere nelle grotte e negli anfratti nei pressi di Betlemme, proprio per “calarsi” nella massima concentrazione, in uno dei luoghi più cari alla cristianità. Interesse per il sapere, ed amore verso la cultura, che fanno di lui una delle figure più amate dagli umanisti medievali. Proiettati alla riscoperta del mondo classico ed alla valorizzazione dei testi latini e greci, lingue di
cui San Girolamo era un perfetto conoscitore, accanto all’ebraico.

Ed è proprio in questa «dimensione» culturale e filologica, che gli artisti ritraggono il santo: al centro di un tipico studiolo medioevale, tra carte, libri e tutti gli strumenti atti a svolgere il mestiere di letterato. Nell’opera in
questione il santo viene rappresentato con le vesti monacali, l’aureola e, poco distante il galero rosso cardinalizio, a testimonianza del ruolo ricoperto all’interno della Chiesa. Libri, volumi, codici, fogli di carta sparsi, ma anche stilo appuntite, forbici, inchiostri vegetali, stanno lì a ricordare il complesso lavoro dello studioso, di tutti i tempi, colto nella sua attività intellettuale più profonda.

Sullo scranno, aperto e ben visibile, un volume con tanto di note a margine e correzioni. Poco distante una clessidra, segna lo scorrere inesorabile del tempo, sia per l’uomo di cultura che per l’uomo di Fede. Ma la scena centrale, che domina l’opera, non è rappresentata dalla fatica intellettuale del santo. Al contrario, esso è intento ad estrarre una spina dalla zampa di un paziente leone che incrocia con mitezza lo sguardo di chi osserva la tela. Leggenda vuole che un feroce leone si aggirasse nei presi del convento dove era ospite anche Girolamo. La bestia, spaventava tutti i monaci, ad eccezione di Girolamo, che comprese il motivo di tanta ferocia: una spina si era conficcata nella zampa dell’animale, causando atroci dolori. Una volta estratta, il leone divenne mansueto e non abbandonò più il santo, fino al giorno della sua morte, quando, con quella stessa zampa risanata, scavò la fossa dove venne riposto il corpo del monaco, per poi stare a guardia, nell’impedire che animali selvatici profanassero la tomba del suo benefattore.

Il leone rappresenta la superbia, l’arroganza, la violenza. Era spesso simbolo araldico delle grandi famiglie medievali. In questo caso, la fiera invece, è totalmente sottomesso alla Legge cristiana, rappresentata dal monaco.

Ma ancora un altro animale, decisamente più piccolo ed infinitamente meno pericoloso, fa capolino nella tela. Un minuscolo topo, intento a rosicchiare un avanzo di cibo? un frammento di pergamena? Certamente questi roditori erano assidui frequentatori di studioli e biblioteche. Un omaggio quindi alla più piccola delle creature che, nel regno di Dio, ha lo stesso posto del re della savana.

E’ una tela, quella di Colantonio del Fiore, che nel suo insieme, infonde serenità ed amore non solo verso la cultura, ma nei confronti di tutto il mondo animale, rappresentato in armonia con quello umano. Come doveva essere nel giardino dell’Eden. Descritto in quel primo libro della Genesi, che Girolamo tradusse, insieme a molti altri, dando origine alla Vulgata.

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schedina Aimonetto

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