Sab, 27 Dic, 2025

Quando il Natale cammina tra la gente (anche senza contributi). Oltre 400 persone per il Presepe Vivente

C’è un silenzio particolare che scende quando il Presepe prende vita. Non è assenza di rumore: è rispetto. È attenzione. È comunità che si riconosce.

Domenica pomeriggio, 21 dicembre, nel cortile della Parrocchia San Benedetto, quel silenzio è stato rotto solo dagli sguardi commossi e dai passi lenti di oltre 400 persone accorse a vivere il Presepe Vivente.

Un numero che pesa. E che dice molto.

Dice che San Mauro Torinese ha ancora fame di senso, di bellezza, di tradizioni condivise. Dice che, anche quando le condizioni non sono favorevoli – restrizioni, difficoltà organizzative, e sì, anche il mancato contributo dell’Amministrazione – c’è qualcosa che non si può fermare: la volontà di stare insieme.

Il Presepe non è stato solo una rappresentazione. È stato un racconto vivo, fatto di volti, mani, stoffe, luci calde e passi lenti. Un racconto che ha preso forma grazie alla guida determinata dei parroci don Stefano Votta e don Luca Ramello, capaci di trasformare un cortile in una piazza dell’anima. 

La punta polemica, inevitabile, nasce qui. Perché mentre la comunità costruisce, resiste, si rimbocca le maniche, qualcuno sceglie di restare a guardare. O peggio, di non vedere. Eppure, domenica quel cortile pieno ha dimostrato che investire nella cultura popolare, nella spiritualità condivisa, nel volontariato, non è folklore: è politica nel senso più alto, è cura del tessuto sociale.

A reggere tutto, come sempre, sono stati i volontari. Donne e uomini che non chiedono titoli né palchi, ma che tengono in piedi la città. Dalla Protezione Civile alla Pro Loco, passando per decine di cittadini anonimi, il Presepe Vivente è diventato la fotografia più sincera di San Mauro: una comunità che funziona quando fa rete, quando si fida, quando agisce.

La Natività,domenica scorsa, non era solo al centro della scena. Era tra la gente. Era negli occhi dei bambini, nel freddo che non ha allontanato nessuno, nei sorrisi dietro le sciarpe strette al collo, negli applausi finali che sapevano di gratitudine.

In un tempo che spesso svuota le parole, questo Presepe ha restituito significato a tre verbi dimenticati: fare comunità, partecipare, esserci.
E forse, da qui, qualcuno dovrebbe ripartire. Non dal bilancio, ma dal cuore che domenica batteva forte, lì, in un cortile. 

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