Può essere asintomatica, ma pregiudica la qualità della vita dei pazienti
La vitiligine è una malattia cronica autoimmune che colpisce la pelle, causando la perdita di melanina, il pigmento che conferisce alla pelle il suo colore.
Le macchie bianche possono comparire in qualsiasi parte del corpo, ma sono più comuni sul viso, sulle mani e sui piedi e spesso sono asintomatiche.
La causa esatta della vitiligine non è ancora ben conosciuta: sappiamo che è favorita da una predisposizione genetica associata allo stress ed a fattori ambientali come l'esposizione ai raggi UV. Tutto ciò porta ad un'alterazione del sistema immunitario che attacca e distrugge i melanociti. La vitiligine può insorgere a qualsiasi età, ma esordisce di solito tra i 20 e i 40 anni.
Non esiste una cura specifica ad oggi, ma esistono diversi trattamenti che possono aiutare a rallentare la progressione della malattia o a ripristinare il colore della pelle. Tra i vari trattamenti vi sono la terapia fotodinamica, quella farmacologica mediante corticosteroidi, immunosoppressori e farmaci che stimolano la produzione di melanina ed infine l’opzione chirurgica.
La vitiligine può avere però anche un impatto significativo sulla qualità della vita dei pazienti, sia dal punto di vista estetico che psicologico.
Un recente studio pubblicato su Jama suggerisce che il miglioramento della salute psicosociale dei pazienti dovrebbe essere prioritario nella gestione e nel trattamento della vitiligine. I pazienti con vitiligine infatti spesso hanno una qualità di vita compromessa con importanti ripercussioni psicosociali. In particolare i soggetti con più del 5% di superficie corporea interessata e con il coinvolgimento del viso o delle mani, hanno riferito che questa patologia ha influenzato profondamente il loro benessere emotivo, le attività e la vita quotidiana con frequenti comportamenti di evitamento e occultamento.
Un quarto dei pazienti nello studio Valiant ha riportato una diagnosi di depressione e circa tre decimi hanno riferito attacchi di ansia. È bene pertanto che tale patologia non venga sottovaluta anche da un punto di vista psicologico iniziando a parlarne con il proprio medico di famiglia che proporrà il miglior percorso terapeutico.





