Al Conservatorio "Giuseppe Verdi" di Torino per l'associazione UGI che assiste le famiglie dei bambini ricoverati al Regina Margherita
Sabato 24 febbraio, presso la grande Sala Concerti del Conservatorio di Torino, l’Orchestra Filarmonica Volpianese è stata protagonista di un concerto a scopo benefico, in quanto tutte le offerte delle molte persone presenti sono state devolute a favore dell’associazione UGI, Unione Genitori Italiani, nell’ottica di una raccolta fondi per questo prezioso ente, composto da soli volontari, che assiste ed aiuta le famiglie con bambini affetti da gravi malattie e curate presso l’ospedale infantile Regina Margherita in Torino.
La scorsa primavera è emersa l’idea di promuovere un concerto benefico a favore dell’UGI, mancava però un contatto prestigioso che è arrivato grazie all’incontro con i Lions, la più grande organizzazione di volontariato al mondo con quasi un milione e mezzo di soci presenti in 200 paesi con 49.000 club. Infatti, il presidente del Lions Club Torino Principe Eugenio, Mario Blanco, ha accettato con entusiasmo di farsi promotore dell’idea coinvolgendo in intermeeting anche i Lions Clubs Torino Monviso, Torino Risorgimento, Torino Sabauda e Torino Augusta Taurinorum. Ci sono stati i primi contatti poi tutto è cresciuto in un clima di straordinaria coesione ed amicizia che ha permesso di realizzare questo grande sogno che sembrava irraggiungibile: il concerto benefico a favore dell’UGI nella prestigiosa Sala Concerti del Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino.
La raccolta fondi è stata facilitata anche per la messa a disposizione in forma gratuita del sito ospitante, motivo per cui è doveroso ringraziare il consigliere del Comune di Torino Giovanni Crosetto e la sua assistente Alessia Cuffia che erano presenti in sala.
A presentare la serata è salita sul palco Daniela Colombatto che ha saputo in modo brillante e sobrio dettare i tempi dell’evento, descrivendo i brani musicali proposti facendo così partecipe il pubblico, una platea che offriva un colpo d’occhio veramente bello e coinvolgente.
Il presidente Mario Blanco ha affiancato la bravissima Daniela Colombatto ed ha illustrato lo scopo della serata che rientra nelle aree di interesse e di azione del Lions Club International e che comprendono: Cancro pediatrico, Diabete, Fame, Vista, Giovani, Ambiente e Disastri ambientali. Dove c’è un bisogno c’è un Lions. Molti i soci Lions, moltissime le famiglie volpianesi al seguito del gruppo musicale cittadino e tanti spettatori provenienti anche da lontano per assistere ad uno spettacolo in cui la bella musica abbracciava la solidarietà: infatti i primi a salire sul palco invitati dalla presentatrice, sono stati due volontari dell’UGI presenti in sala, che hanno spiegato ai presenti, in cosa consiste il loro lavoro in seno all’associazione, passando dall’assistenza alle famiglie dei bambini malati di tumore al trasporto dei medesimi ai centri di riabilitazione fino ad arrivare ad affrontare i tanti problemi quotidiani che le stesse famiglie ospitate in Torino necessitano, come la semplice spesa alimentare ed altre azioni atte a supportare materialmente e psicologicamente i disagi che questi nuclei famigliari affrontano ogni giorno: nelle parole di questi due volontari, un misto di timidezza e di emozione che hanno colpito in modo profondo tutti i presenti che hanno salutato con un commosso applauso il lavoro svolto da questi “angeli del dolore”.
Un ruolo importante nella programmazione e realizzazione della serata è stato svolto dalla volpianese Giusi Ferrero Merlino: animo sensibile, da sempre vicina alle persone sia come volontaria in molte realtà associative di Volpiano che come storica del luogo, scrittrice e divulgatrice instancabile delle tradizioni ed antiche storie di questo paese all’inizio del Canavese.
I brani proposti sono stati divisi in due tempi: il primo dedicato a sinfonie di opere famose tratte dalle raccolte di Verdi, Puccini, Grieg e Geisler, mentre dopo l’intervallo è stata presentata al pubblico una miscellanea musicale ricca di arrangiamenti che ha donato al pubblico pezzi musicali molto famosi ma interpretati con una musicalità vivace, allegra e suadente, alternando momenti di alta musica ad altri in cui il direttore d’orchestra si rivolgeva al pubblico
invitando lo stesso a “dare il tempo”, coinvolgendo la sala in modo totale, un “dodicesimo uomo in campo”, come si usa dire nel mondo del pallone, quando il tifo si fa sentire in tutta la sua partecipazione emotiva, alternato a tratti da autentiche ovazioni rivolte all’orchestra. Tra i brani eseguiti, West Side Story e Pirates of the Caribbean.
Prendendo spunto da questa nuova e brillante performance, desidero spendere due parole per gli eredi della tradizione musicale locale che ha visto nel passato avvicendarsi alla guida cultori e personalità del paese come Pietro Nasi, Rinaldo Camoletto e l’indimenticabile Pierino Cerutti: passione, costanza, amore per le radici musicali di questo nostro antico Piemonte.
Recentissima è la scoperta di un documento che farebbe risalire la fondazione della Filarmonica Volpianese nel lontano 1876, oggi una realtà musicale non solo volpianese, ma nazionale ed internazionale, visti i successi ottenuti con concerti presentati in Francia ed Austria, senza dimenticare la partecipazione con divise d’epoca alla fiction ispirata al racconto "Cuore” di De Amicis, ambientata a Torino molti anni fa.
Il professor Pietro Marchetti è il direttore d’orchestra che ha diretto questa serata. Cuorgnetese di adozione e docente presso lo stesso Conservatorio di Torino di saxofono, è persona che cura in particolare gli aspetti umani dei suoi allievi, meticoloso ma non pignolo, sa come trarre il meglio dai giovani in quanto l’approccio verso il prossimo risulta sempre propositivo, fine psicologo sa trattare con sensibilità i molti giovani strumentisti che in questi anni ha guidato e diretto: profondo conoscitore della materia musicale, da persona sensibile sa perfettamente che essa non è solo un modo per poter esprimere il talento dei suoi allievi, in quanto dirigere un gruppo di persone significa anche arricchire la personalità di ognuno di loro, sia sotto l’aspetto prettamente professionale ma anche e soprattutto dal punto di vista del rafforzamento della personalità individuale, in quanto un solista, seppur bravo, ha sempre bisogno di un gruppo preparato al suo fianco, quindi il carattere individuale si sposa sempre con i bisogni dei compagni ed un bravo maestro come Pietro Marchetti, sa trarre da ognuno il massimo, semplicemente perché sa rendere l’allievo sicuro di sé, creando un senso di autostima che è alla base di ogni bravo musicista.
Ogni suo movimento è scandito con naturalezza, accompagnando la gestualità con movenze che attraggono lo sguardo di chi deve suonare e dello stesso spettatore: non può passare inosservato come gli sguardi del direttore d’orchestra incrocino di continuo i visi di chi in quel momento è chiamato al proprio dovere di musicista. Impassibile ma non freddo, trasmette sicurezza a chi suona, sobrio ed educato, non fa sentire il peso della sua esperienza ma crea i
presupposti per un dialogo franco e sincero, una sorta di complicità sul campo: è pur sempre vero che sulla pedana principale c’è lui, il direttore, la persona che divide la sorte dei musicisti, egli è sempre il responsabile di tutto e di tutti, ma sempre al fianco dei suoi allievi, dispensando attenti consigli.
Trovo corretto quindi, che si debba parlare di questi protagonisti musicali con particolare rispetto, in quanto sul palco non si finge, tutto è straordinariamente vero, il pubblico in silenzio che aspetta la prima nota, palpabile nei visi l’emozione dell’attesa, emozionante l’approccio all’attacco del primo brano, i muscoli si sciolgono, le dita iniziano a viaggiare: quella sicurezza derivante dall’autostima, inizia a dare i suoi frutti, il resto viene da sé seguendo i vorticosi disegni che fendono l’aria della magica bacchetta del direttore d’orchestra, uno spartito immaginario che tutti i musicisti sanno ormai a memoria.
Concerti come questo a cui abbiamo avuto il privilegio di assistere, non si preparano in poco tempo: occorre lavoro, studio, prove lunghe ed estenuanti, passione e capacità, senso di adattamento, umiltà nel saper ascoltare l’insegnante, perseveranza nel seguire percorsi musicali difficili, superare i momenti di sconforto, quando le note diventano nemiche della tua stanchezza: questi sono i momenti in cui tutti si aiutano, fratelli nelle difficoltà da superare tutti assieme, ragazzini ed adulti, uomini e donne, instancabili volontari di quelle note che danno gioia, ed in serate come questa, anche quell’indispensabile speranza di cui l’essere umano ha estremamente bisogno nei momenti tristi della vita, a maggior ragione per i piccoli bambini malati. Non importa sapere se a suonare quel giorno è un’orchestra, una filarmonica o una semplice compagnia di amici amante delle note: l’importante è avere la certezza e la convinzione che abbracciare uno strumento musicale, è come avere al tuo fianco un amico su cui poter sempre contare.
Da sempre la musica è maestra di vita ed occorre coltivare questo pensiero per dare un motivo in più ai nostri giovani per avvicinarsi alla stessa.
Quello di sabato 24 è stato un grande successo, molti occhi in sala erano lucidi perché alla fine ci si rendeva conto che tutti erano volontari del bene comune, la parte più bella e sana del nostro meraviglioso e strano popolo italico con tanti difetti, molti pregi ma con un grandissimo cuore. A volte non occorre inseguire lontani ed immaginifici influencer che ci indicano come novelli messia del fatuo, tortuose strade che ci portano a scoprire improbabili e misconosciute eccellenze; a volte basterebbe aprire gli occhi dove si ha la fortuna di vivere, per poterle trovare vere ed intatte nella loro umile semplicità nel luogo in cui siamo nati.
Una serata di straordinarie emozioni raccontate sugli spartiti musicali della nostra esistenza, dove ognuno ha un compito da portare a termine, vecchi e giovani, tutti assieme, un grande pentagramma esistenziale dove le note gioiose si accavallano ai disagi di chi soffre in silenzio, cercando di trovare dentro di sé quella dignità che ci permette di affrontare destini a volte avversi ma sempre superabili, senza mai dimenticare di sorridere alla vita.