Il musicista statunitense, pastore della Chiesa Cristiana Evangelica di Caselle e nel direttivo del CDM di Borgaro
Si intitola “The Feathering Rite” il primo album, nonostante un'esperienza ventennale nel mondo musicale, di Jonathan Edward Kleis.
Il progetto è nato, come è successo per molti musicisti, durante il periodo di pandemia «ma per me la necessità di scrivere le canzoni di questo album era più dovuta a una serie di traumi personali che non avevano nulla a che fare con la pandemia - racconta -. Negli ultimi anni (per motivi molto complessi) ho veramente rischiato di perdere tutto: lavoro, stipendio, casa, salute».
Scrivere canzoni è stato il suo mezzo di sopravvivenza «in quelle condizioni, mi sono reso conto di avere bisogno della speranza per non arrendermi alla disperazione totale, ma non una speranza intesa come vago augurio, ma più in senso come garanzia di un futuro migliore. Per me, la questione della fede ha reso la situazione ancora più sconcertante, perché ho dovuto affrontare l’incongruenza tra ciò che la fede prometteva e la dura realtà con cui si scontrava».
Ma chi è Jonathan Edward Kleis?
«Sono di origine statunitense, ma sono ormai residente in Italia dal 2005 - risponde - impegnato come pastore evangelico della Chiesa Cristiana Evangelica di Caselle Torinese. Come musicista mi sono formato e laureato all’università. Le mie attività musicali sono state sempre parte di chi sono e di tutto ciò che faccio. Non ho mai visto una dicotomia tra l’arte e la mia fede, in quanto sono due aspetti indispensabili della mia vita che si arricchiscono a vicenda. Tra le mie varie collaborazioni musicali passate e presenti, quella che attualmente ritengo la più importante è la mia partecipazione alle Voci PeriGolose e le mie responsabilità come parte del direttivo del CDM di Borgaro».
Quanto è importante questo "primo" album tutto tuo?
«Dal punto di vista musicale, rappresenta il culmine del mio percorso artistico - spiega - in cui penso di aver scoperto una voce e uno stile unici. Difficilmente può la mia musica essere ridotta a un genere particolare in quanto incorpora elementi tratti dal folk americano ottocentesco ed elettronica contemporanea, spaziando tra il suono del banjo tradizionale al quello della chitarra distorta. Sono fiero di dove sono arrivato musicalmente, perché, ripeto, credo che il mio stile sia unico eppure molto accessibile».
Come è nata l'idea dell'tuo ultimo lavoro?
«L’idea principale è la speranza simboleggiata dall’uccello - chiarisce -. Un'idea nata dall’immagine che mi ha colpito e mi è rimasta impressa mentre leggevo il profeta Isaia nella Bibbia “quelli che sperano nel Signore acquisteranno nuove forze e si alzeranno in volo come aquile”. Subito mi sono detto che questo è ciò che mi serviva, proprio una speranza che mi avrebbe permesso di alzarmi in volo come un aquila al di sopra di qualsiasi tempesta della vita. Così, i dieci brani che ho scritto rappresentano il mio tentativo di ottenere quella speranza, e se oltre a piacere questo album può incoraggiare o aiutare qualcuno, ne sarò ben felice».
Progetti futuri?
«Sono già al lavoro sul prossimo disco da solista, perché i miei istinti creativi sono irreprimibili e non riesco a fermarmi artisticamente. In più, sto lavorando per creare un tributo a Johnny Cash, il mio eroe musicale più grande, e credo che, essendo di madrelingua inglese e di origini americane, ho le qualifiche per farlo in modo molto credibile. Spero fra poco di poter lanciare questo nuovo progetto chiamato “Man in Black” sui palchi di Torino, e non solo».
E ovviamente, non possiamo, anche noi che augurare a Jonathan tutto il successo e la fortuna che merita per le sue indubbie doti, ma anche per quel suo modo di essere originale sì, ma anche semplice ed empatico.
https://www.youtube.com/watch?v=o2IVUsxyaV8 - https://www.youtube.com/watch?v=KMTrdZHbasA