I ghiacciai piemontesi arretrano a vista d’occhio e, insieme al loro scioglimento, aumentano i crolli in quota, i collassi delle morene e le colate di fango e detriti. È la fotografia, drammatica e precisa, scattata dall’ultima tappa della Carovana dei ghiacciai di Legambiente e dall’Osservatorio Città Clima, che hanno puntato i riflettori sui bacini glaciali della Bessanese e della Ciamarella, nelle Alpi Graie.
Il bilancio regionale parla chiaro: 23 eventi meteo estremi registrati tra gennaio e agosto 2025, con un incremento del 27,8% rispetto allo scorso anno. La provincia di Torino è la più colpita (10 episodi), tra allagamenti, frane ed esondazioni. Un dato che non sorprende chi conosce le ferite ancora aperte nelle Valli di Lanzo, colpite dall’alluvione del settembre 2024.
Ghiacciai in ritirata
Gli scienziati del CNR-IRPI e di ARPA Piemonte hanno illustrato i numeri della crisi. A metà Ottocento, il ghiacciaio della Bessanese copriva 1,75 km²: oggi ne resta appena 0,3 km², con una perdita di quasi 4 milioni di metri cubi di ghiaccio dal 2010 al 2023. Ancora più impressionante il dato della Ciamarella: in 150 anni è sceso da 1,18 a 0,5 km², con 8,1 milioni di metri cubi svaniti in soli 13 anni. Il quadro generale non è meno allarmante: in Piemonte si contano 107 ghiacciai, di cui 68 nella sola provincia di Torino, tutti in forte arretramento. La superficie complessiva è passata dai 56 km² del 1959 ai 22 km² del 2024.
Accanto alla denuncia, però, c’è anche la ricerca. Il bacino glaciale della Bessanese, nei pressi del rifugio Gastaldi (2656 metri), è oggi un vero laboratorio a cielo aperto. Qui CNR, ARPA e Fondazione Glaciologica Italiana monitorano la fusione dei ghiacciai, la temperatura di rocce e detriti, il permafrost e la biodiversità. Un lavoro che rende il sito parte della rete dei “Rifugi Sentinella” e un punto di riferimento internazionale per lo studio della montagna che cambia.
Le voci della Carovana
«Quello che osserviamo in quota – spiega Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente – è il segnale inequivocabile della crisi climatica. Serve un monitoraggio europeo dei ghiacciai e politiche concrete per ridurre i rischi e salvaguardare questi luoghi». Per Marta Chiarle del CNR-IRPI, «il bacino della Bessanese è un laboratorio naturale unico, perché qui i processi geomorfologici legati al permafrost e alla fusione glaciale sono estremamente evidenti». E Secondo Barbero, direttore generale di ARPA Piemonte, avverte: «I ghiacciai mostrano segni di contrazione e un aumento della copertura detritica. Crescono i processi di dissesto in quota, con rischi sempre più tangibili anche a valle».
Una firma per i ghiacciai
Legambiente invita ora a sottoscrivere la petizione “Una firma per i ghiacciai”, disponibile online, per chiedere al Governo l’attuazione dei sette interventi previsti nel Manifesto europeo per una governance dei ghiacciai. In alta quota, intanto, i segni della crisi restano scolpiti nella roccia: torrenti di detriti al posto dei nevai estivi e morene instabili al posto di masse glaciali. Un promemoria, tangibile e inquietante, di quanto sia urgente agire.

