Mer, 29 Ott, 2025

Ritorno al Futuro: la macchina del tempo che conquistò il mondo (e l’Italia con 4 mesi di ritardo)

Ritorno al Futuro: la macchina del tempo che conquistò il mondo (e l’Italia con 4 mesi di ritardo)

Per gli spettatori italiani, il 18 ottobre 1985 fu una data da segnare sul calendario. Quel giorno, nelle sale, arrivò finalmente Ritorno al Futuro, già campione di incassi negli Stati Uniti dal 3 luglio dello stesso anno. Un’attesa di oltre quattro mesi per vedere quello che sarebbe diventato uno dei film più amati e citati della storia del cinema.

Una scintilla in una foto sbiadita

Tutto cominciò con una domanda semplice e geniale: Come sarebbero stati i tuoi genitori da adolescenti? Ti saresti trovato bene con loro? Saresti stato loro amico? Bob Gale se la pose un giorno sfogliando l’annuario del liceo di suo padre. Davanti a quella foto in bianco e nero, si domandò che tipo di ragazzo fosse stato quell’uomo e se, a pari età, si sarebbero piaciuti. Da lì, insieme a Robert Zemeckis, nacque l’idea di una commedia fantascientifica sui viaggi nel tempo, con un figlio che torna nel passato e incontra i propri genitori.

Il problema? A Hollywood nessuno voleva produrlo. Più di quaranta studios rifiutarono il progetto. L’idea di una madre che, senza saperlo, si innamora del proprio figlio del futuro era considerata troppo rischiosa e “scomoda”. Fino a quando non arrivò Steven Spielberg. Non in veste di regista, ma di produttore esecutivo. Fu lui a credere nella storia, a sostenerla e a darle la spinta decisiva.

Un meccanismo narrativo perfetto

Ritorno al Futuro è più di un film di intrattenimento: è un ingranaggio narrativo calibrato al millimetro. Ogni battuta, ogni oggetto, ogni dettaglio torna a distanza di minuti o decenni nella storia. L’orologio della torre, il Twin Pines Mall, il walkman, la chitarra: nulla è casuale. È un manuale di sceneggiatura travestito da commedia d’avventura.

La perfezione si deve anche al cast. Michael J. Fox è Marty McFly. Carismatico, ironico, capace di reggere un film così ricco senza mai strafare. Eppure, il ruolo inizialmente era stato affidato a Eric Stoltz: settimane di riprese andarono perse prima di capire che mancava quella scintilla che Fox avrebbe portato con sé sul set. Al suo fianco, Christopher Lloyd costruì un Doc Brown memorabile: un mix tra scienziato geniale e cartoon impazzito, ma con un’umanità disarmante. Le sue esclamazioni “Grande Giove!”, lo stupore nei confronti della DeLorean, l’entusiasmo per la scienza hanno reso il personaggio un’icona. 

L’eredità di un viaggio senza fine

Quarant’anni dopo, Ritorno al Futuro continua a viaggiare con noi. Ha generato due sequel di successo, fumetti, videogiochi, attrazioni nei parchi a tema e persino un musical a Broadway. Ma soprattutto ha plasmato l’immaginario collettivo, ricordandoci che “il futuro non è scritto” e che le nostre scelte possono cambiarlo.

Nel 2025, le sue battute restano scolpite nella memoria: “Strade? Dove andiamo noi non servono strade” è diventato un modo di dire; l’hoverboard è ancora un sogno; e l’idea di una macchina del tempo nascosta in una DeLorean rimane, per molti, la cosa più “cool” mai pensata.

Non è solo un film riuscito: è una macchina del tempo emotiva, capace di riportarci a un’epoca in cui tutto sembrava possibile, se solo ci si credeva fino in fondo. Proprio come fecero Zemeckis, Gale e Spielberg, quando erano gli unici a crederci.

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