Scarseggia l’erba in montagna e per le mandrie delle valli torinesi la situazione diventa critica. Il caldo anomalo di fine giugno e inizio luglio, unito a giornate di vento intenso, ha accelerato la fioritura e la maturazione delle erbe montane, lasciando gli alpeggi senza riserve già a metà stagione.
Mentre le mandrie pascolavano alle quote più basse, l’erba in alta quota ingialliva rapidamente. Ora, oltre a mancare l’alimentazione naturale per gli animali, si prospetta l’assenza del pascolo di settembre per la scarsa rigenerazione del manto erboso.
«Il caldo anomalo di inizio estate – commenta il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – ha sottratto riserve alimentari agli alpeggi, che ora si trovano in difficoltà. Un problema che ripropone l’importanza di riaprire la fitta rete irrigua alpina, oggi completamente abbandonata, fatta di piccole canalizzazioni con le prese nei torrenti che un tempo irrigavano in modo capillare i pascoli».
Il settore dell’alpeggio, nel Torinese, è una parte fondamentale dell’economia agricola: oltre 35mila bovini pascolano in 420 alpeggi, provenienti da 789 allevamenti di pianura, affiancati da 44mila ovini distribuiti in 200 alpeggi. La produzione di formaggi e burro pregiati vale circa 7 milioni di euro l’anno.
Le mandrie da latte, circa la metà del totale, producono oltre 11 milioni di litri di latte ogni stagione, trasformati nei 200 caseifici d’alpeggio in specialità come la Toma di Lanzo, il Plaisentif, il Cevrin e il Blu erborinato, oltre a 200mila panetti di burro ricco di vitamine e antiossidanti.
«L’economia d’alpeggio – prosegue Mecca Cici – vede una presenza importante di giovani pronti a innovare il settore, unendo allevamento, turismo e manutenzione ambientale. Ma la pastorizia montana ha bisogno di sostegni per evitare l’abbandono degli alpeggi. Non possiamo immaginare le conseguenze della cancellazione dei premi europei PAC, che la Commissione europea potrebbe eliminare per reperire fondi per il riarmo. Serve affidare ai margari la manutenzione del territorio, promuovere la filiera del latte, incentivare gli agriturismi e la vendita diretta. Senza agricoltura alpina, alle nostre montagne rimarrebbero soltanto dissesto, spopolamento e impoverimento economico».