Ven, 18 Ott, 2024

Da Sangiuliano a Cuperlo: quando la politica dà lezioni di storia immaginaria o, peggio, la racconta capovolta.

Da Sangiuliano a Cuperlo: quando la politica dà lezioni di storia immaginaria o, peggio, la racconta capovolta.

Questo inizio di luglio, a causa di alcune gaffe di noti politici su argomenti di storia patria e non solo, potrebbe essere paragonato nella forma e nella sostanza delle opinioni espresse dai protagonisti, alla sceneggiatura di un “cinepanettone”, film tragicomico che a partire dagli anni '90 portava sugli schermi iconici difetti italici tra una risata ed una parolaccia: un rutto culturalpopolare, negli anni in cui la Milanodabere la faceva da padrona sulle tracce di pruriti berlusconiani che in pochi anni trasformeranno l’Italia in un bellissimo luna park cosparso di inebrianti luci immaginifiche. 

Iniziava da qui un lento declino culturale, mietendo le prime vittime inconsapevoli proprio tra le fila di ignari e felici politici nostrani.

La storia dell’uomo è sempre stata avvolta nei secoli da nebbie artificiali create appositamente dai governanti di turno, che distraevano le menti altrui, per fini nobili o meno, cercando nell’allora ignoranza culturale le brecce che inevitabilmente si aprivano anche nelle menti intelligenti, quando anche queste non disponevano ancora le basi minime conoscitive per poter giudicare l’operato di chi governava, costretti e guidati come un gregge al pascolo da poter sfruttare (tasse) come al macello (guerre), a seconda delle esigenze dei poteri forti in auge in quel momento.

Oggi, tutti noi muniti di tablet, computer e diavoleria varia tecnologica, ci sentiamo molto più intelligenti, istruiti, preparati, per affrontare qualunque realtà ci appaia in fronte appena cerchiamo di scendere dal letto ed iniziare la nostra giornata tipo, tra ufficio, supermarket, grattaevinci ed aspettando Amazon che ti suoni alla porta per consegnarti il filo interdentale ordinato online due ore prima mentre eri seduto sul bidè a scrutar il cellulare e godere di aver fottuto il negozietto sottocasa, dove il povero filo costava ben 40 centesimi in più: potere dell’intelligenza artificiale antiusura! 

Poi, però, ti capita di leggere un pensiero espresso dal noto psicologo, opinionista, scrittore, critico e giudice Crepet, il quale sentenzia, giustamente, che mai come oggi l’ignoranza impera indisturbata nelle menti italiote: e con buona dose di arroganza, aggiungo io, perché è noto a tutti che mentre l’intelligenza si pone sempre delle domande in maniera educata, l’ignoranza prospera incontaminata su irritanti e spocchiose certezze, destinate a cadere dal pero al primo alito di vento. Difetto di noi poveri italiani di media cultura, occupati ormai totalmente a pigiar tastiere ed ascoltare tutte le fake del mondo, oppure la zanzara diventata tarlo, alberga in menti che considerate più elette e provviste di palco, si arrogano il diritto di istruirci e guidarci nei meandri del vissuto ignorando però il passato?

Ascoltando autorevoli personaggi si direbbe proprio di si. Un esempio per tutti, le dichiarazioni di personalità politiche che hanno fatto scalpore ed attivato reazioni di pancia e giornalistiche con code di infausto rumore, e forse la più gettonata quella del ministro della cultura Sangiuliano che durante una chiacchierata a metà tra un comizio venuto male ed una lezione di storia conclusa peggio, dichiarava solennemente, in virtù dell’alto incarico conferito a cotanta pura meninge di massimo rappresentante della cultura in Italia e mondiale, che il navigatore Cristoforo Colombo aveva voluto e programmato i suoi viaggi e le sue scoperte, basandosi sulle teorie di un certo Galileo Galilei, nato e vissuto circa sessant’anni dopo, quindi ancora impossibilitato anagraficamente a dar consigli a chi, essendosi perso nei mari dell’Atlantico, grazie ad una botta di culo arrivava nel nuovo mondo, convinto fossero le Indie.
Precedentemente aveva confuso un famoso quartiere londinese posizionandolo nella centrale New York o viceversa, non ricordo bene scusate, ma tanto in quelle brughiere anglosassoni di quà e di là del mar, i cartelli stradali usano lo stesso indecifrabile dialetto celtico dei druidi, quindi lo possiamo pure scusare il buon Gennaro.

Errori da spiaggia, di quando l’estate si fa calda e le interviste avvengono sotto l’ombrellone o quando vai ad ascoltare intellettuali strafighi, in località fighe, a presenziare serate culturali fighissime, dove molti spettatori ultra fighi si presentano in infradito pavoneggiando proletarietà a piene mani, con quelle nude caviglie al vento, così simili a quelle dei braccianti di colore che nello stesso momento raccolgono pomodori senza calzini: si chiama solidarietà
culturale, per chi non lo sapesse e va molto di moda.

Poi ci sono gli errori di genere, perchè involontariamente voluti, in quanto il dichiarante non è nè ingenuo e meno ancora ignorante, quindi un pensiero che nasce non per una falla culturale, ma semplicemente per esprimere un pensiero in modo errato, ove il senso politico in questo caso, risulti completamente ribaltato, quindi scorretto, ma espresso con parsimonia disarmante, il famoso politicamente corretto, che quando sa di sbagliare tira dritto.
E pazienza cosa vuoi che sia, su! 

Il protagonista è il deputato Cuperlo, capello biondo curato, intellettuale di sinistra sicuro dei suoi principi e di tutto cosa dice, fine nei lineamenti, educato e corretto, esponente di una politica che insegue la perfezione sociale nel mondo accusando sempre il prossimo, quindi inutile e faziosa, dannosa alla stessa sinistra che ormai naviga a vista come un Titanic tamponato in tangenziale e parcheggiato in un immaginario ruscello di montagna poco profondo che non gli permette di affondare, consentendo il galleggiamento alla vecchia orchestrina politica faziosa imbarcata di continuare a suonare motivi e brani da tempo superati: lo direbbe anche Berlinguer, di sicuro lo afferma il buon Bertinotti, che bella quella sinistra che parlava a tutti, con tutti, in viso a tutti e potevi anche dire che non eri d’accordo ma tutti ti ascoltavano.

Pare che al nostro, in un'intervista, sia scappata una frase riconducibile a Carlo Cattaneo, altro bel fenomeno della politica milanese prerisorgimentale, che all’alba delle cinque giornate di Milano del 1848, disse, secondo Cuperlo, «quando i ragazzi vanno in piazza, gli adulti vanno a casa», avvicinandosi alle posizioni bersaniane che auspicano in sintesi, un ringiovanimento della classe dirigente del PD, vista la forte e confortante partecipazione giovanile
alle manifestazioni politiche organizzate dalle forze di sinistra in Italia, mentre la classe dirigente seppur datata, resiste imperterrita.

Peccato che per evidenziare un concetto altamente democratico come l’auspicio di veder finalmente ascoltati i giovani e farli partecipi di un rinnovato percorso politico, si sia usata una frase che lo stesso Cattaneo non solo non ha mai detto, ma sicuramente mai nemmeno pensato, tanto che in soccorso alla verità storica, malamente espressa dall’intervistato, è dovuta scendere in campo una nota firma della Stampa di Torino che in prima pagina nella giornata di martedi 17 luglio ha corretto e criticato le dichiarazione dell’esponente PD: la cosa mi ha fatto sobbalzare dallo sdraio in legno stagionato dove accovacciato cercavo di nascondermi dai raggi impietosi del caldo sole di Liguria, in quella dolce Laigueglia che da sempre si contende con Alassio il primato delle spiagge con più lombardi, i quali, da sempre, considerano noi piemontesi inferiori a loro in tutto: non so se lo pensa Mattia Feltri di bergamasca origine, spero di no, anche se pur di evidenziare l’ostracismo del Cattaneo verso i Savoia, accetta di asfaltare culturalmente e politicamente il compagno Cuperlo, ma sicuramente lo pensava Carlo Cattaneo che non aveva nessuna stima dei Savoia e che a tutto aspirava men che meno essere liberato dal giogo austriaco del vecchio Josef Radetzki ad opera del piemontesissimo Carlo Alberto e rischiare di diventare un suddito di Sardegna.

Lui voleva essere liberato dagli austriaci ( non dall’Austria) presenti in Milano con il sangue dei nostri soldati, poi grazie mille e tanti saluti Savoia! Siccome poi tutto andò a rotoli, per non essere arrestato riparò nei pressi di Lugano e rientrò in Milano solo da morto, mentre qualcun altro si occupò di fare l’Italia: stessa cosa che avrebbe fatto il cattivone Benito nascosto a casa dell’amante con dependance al confine con il Canton Ticino, se la marcia su Roma dei suoi
fedelissimi fosse andata dispersa, invece i camerati arrivarono al traguardo del Colosseo e lui prese il treno per raggiungerli e fare le foto di rito spacciandole per quelle del giorno prima.

Feltri è perfetto e sintetico nell’analisi storica ed ogni sua parola è un sottinteso pungolo alla frase citata da Cuperlo, in quanto quella vera attribuita a Cattaneo dagli storici è sempre stata questa: «quando la ragazzaglia scende per strada, le persone serie restano a casa».

Non occorre essere laureato in scienza della comunicazione, come il buon Gianni, per comprendere che tale, scientifica, accurata, studiata, mistificata riconversione della frase, inevitabilmente ribalta di botto ed in toto il significato della stessa e Feltri lo rimarca con fermezza e con inconsueta correttezza per un giornalista al soldo di una grande testata, orfana da tempo dei lettori piemontesi, popolo politicamente moderato, schivo, refrattario agli estremismi di qualsivoglia indirizzo politico, patria di quel Cavour che pur di dialogare con la sinistra si inventa il “connubio” e costruisce l’Italia con Torino prima capitale, la stessa che assistette silenziosa alcuni anni prima all’esilio del vescovo Franzoni cacciato da Vittorio Emanuele II per aver in tutti i modi rifiutato i sacramenti al Santarosa, deputato che aveva appoggiato le Leggi Siccardi e gran parte della popolazione nulla ebbe da ridire, una millenaria prova di logica del pensiero a scapito di ideologie varie e fini a se stesse, prendendo di conseguenza le decisioni dovute al momento giusto.

Carlo Cattaneo sarà poi erroneamente citato dalla retorica unitaria tra i grandi esponenti del Risorgimento italiano, ma il tizio non era all’altezza nè di Mazzini, tantomeno di Garibaldi, tenendosi ben lontano anche da Cavour, ovviamente per non essere morso ai glutei dall’istintivo langarolo. Lui pretese l’aiuto dell’esercito piemontese ma non volle mai, che in caso di vittoria sull’Austria, la Lombardia fosse governata dalla corona sabauda: in quanto potenzialmente ricca e fiorente, industriosa e geograficamente vicina all’amata Svizzera, il popolo lombardo aveva necessità di una autonomia propria, confidando nella creazione di una confederazione di piccoli Stati di natura mitteleuropea, molto più affidabile di qualsiasi progetto di unificazione italiana: Novi? No svizzero ma con passaporto viennese.

Questi modi di raccontare la storia, in modo grottesco nel caso del ministro Sangiuliano e trasfigurato nel caso del deputato Cuperlo, evidenziano una totale impreparazione storica di soggetti che per il ruolo che ricoprono e per i confronti con l’attuale situazione sociale e politica che pretendono erroneamente di conoscere, avrebbero il dovere morale e materiale, visto che sono soggetti stipendiati con i proventi del nostro lavoro trasformati in tasse, di essere esperti di quella storia vissuta dalle nostre genti.

Oltretutto essere privi di tale patrimonio di memoria, nuoce gravemente all’immagine del nostro Paese ed anche alle Istituzioni, in quanto esse sono regolamentate da leggi che nei secoli sono state migliorate e modificate grazie alla presa di coscienza e conoscenza degli errori del passato: quando questo viene in parte ignorato per mancanza di cultura o peggio ancora, raccontato in modo errato, tirando in ballo personalità del passato rivelatisi alla lunga più dannosi che utili alle patrie cause, allora non dobbiamo meravigliarci se la qualità della politica oggi non è paragonabile a quella di un tempo, in quanto la medesima da parecchi anni non ha più la moralità e la capacità necessaria per distinguere tra ragazzi e ragazzacci, con il risultato finale che le persone serie se ne stanno a casa per evitare di entrare a far parte di un apparato politico non all’altezza di accogliere le persone per bene.

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