Ven, 18 Ott, 2024

«Chiudete la stanza antiaborto simbolo della repressione femminile». Manifestazione di protesta davanti al Sant'Anna

«Chiudete la stanza antiaborto simbolo della repressione femminile». Manifestazione di protesta davanti al Sant'Anna

«L’aborto non è colpa. Non è reato. La stanza d’ascolto è violenza di stato». E' il messaggio inviato all’assessore regionale Maurizio Marrone che ha fortemente voluto la stanza antiaborto all’interno dell’ospedale San’Anna, aperta il 9 settembre 2024.

Uomini e donne di ogni età, tantissimi giovani, hanno risposto alla mobilitazione nazionale sui territori messa in campo da “Non una di Meno”, riuniti davanti all'ingresso dell'ospedale Sant'Anna di Torino in occasione della “Giornata internazionale per l'aborto libero e sicuro” per chiedere la chiusura della stanza antiaborto simbolo della repressione femminile nella Regione e Città di Torino. Solidarietà è stata manifestata anche dal personale del nosocomio: alcuni infermieri, ostetriche e medici hanno scelto di togliere il camice per unirsi agli attivisti.

torino manifestazione santanna stanza antiaborto 4

Una stanza che nei fatti non esiste, ipotesi confermata da un recente sopralluogo effettuato da “Se non ora quando?” e dai rappresentanti della CGIL che hanno potuto constatare la totale mancanza di informazioni, personale volontario ed a corollario un ambiente fatiscente e senza cura. Nessun volontario presente a fare accoglienza, nessun orario o giorno d'apertura indicato, non ci sono nemmeno istruzioni per gli utenti che vogliono avere qualche informazione. E’ chiara invece la precisa volontà di fare propaganda usando il corpo e la libera scelta delle donne. 

Chi dovrebbe occuparsi di garantire il supporto alle donne all’interno della stanza antiaborto? Il Movimento Pro Vita a cui sono stati destinati più di 2 milioni di euro dalla Regione, quindi denaro pubblico. Sorge spontanea la
domanda: non sarebbe stato meglio investire nei Consultori pubblici? Oppure nei servizi diffusi sul territorio dedicati alla salute delle donne e alla prevenzione? 

Urgente, inoltre, la riapertura del Centro Nascite, di recente soppresso dalla stessa Giunta piemontese che anziché rispondere alle necessità legate alla tutela della salute delle donne, ai supporti per favorire chi è realmente in difficoltà nel sostentamento del nucleo familiare ha dirottato ingenti somme al Fondo Vita Nascente e la famigerata stanza.

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La CGIL Torino ha promosso, insieme alla CGIL Piemonte e Nazionale e a Se Non Ora Quando?, un ricorso al TAR per cui sono ancora in attesa di udienza, contestualmente seguono con attenzione tutte le iniziative a contrasto di scelte oscurantiste che ledono il diritto delle donne di decidere in libertà del proprio corpo, come sancito dalla legge 194 che regolamenta, dal 1978, l’interruzione volontaria delle gravidanze e che deve essere resa pienamente esigibile.

Daniela Barbaresi, segretaria confederale Cgil con delega alla sanità «i consultori versano in una condizione di profonda criticità: sono pochi, privi di risorse economiche e del personale necessario. In media c'è solo un consultorio ogni 32mila abitanti, con profonde differenze tra regioni, nonostante la normativa ne preveda uno ogni 20mila. I presidi ospedalieri dove si effettuano le Ivg non garantiscono un'adeguata copertura nei territori e il pieno rispetto del diritto
all'autodeterminazione anche a causa dell'elevata presenza di obiettori».

Molteplici le dichiarazioni pubbliche, durante il presidio, ma anche attraverso i social sono giunte nella giornata da molte associazioni e sostegno alla tutela dei diritti delle donne. In base i dati diffusi dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, quasi una donna su due che interrompe volontariamente la propria gravidanza ancora oggi è costretta a farlo in condizioni illegali, insicure e precarie che causano 39mila decessi ogni anno. La conferenza de Le Democratiche sottolinea il mancato riconoscimento alle donne di poter decidere sul proprio corpo e dei fortissimi attacchi all'autodeterminazione femminile.

«Nessuna donna è al sicuro quando i pilastri dello stato sociale, l'accessibilità sancita dalla legge 194 e il Servizio sanitario pubblico vengono gradualmente smantellati come avviene in Italia per mano di una destra liberticida» allarmano  Le Democratiche che promuovono e sostengono politiche di tutela della salute femminile e per i diritti riproduttivi delle persone in quanto diritti umani inviolabili. Lo riaffermano, nella piazza, sottolineando che sarà un lavoro continuo e costante fino a quando anche l'ultimo ostacolo alle scelte consapevoli delle donne sarà finalmente rimosso.

Gli attacchi al diritto all'autodeterminazione delle donne non sono nuovi, in Piemonte, erano iniziati a partire dal 2021: la Regione Piemonte, infatti, aveva vietato la somministrazione della pillola abortiva RU486 all’interno dei consultori, disattendendo completamente le linee guida dell’allora Ministro della Salute, Roberto Speranza. In Italia, nonostante il voto del Parlamento Europeo per l’inserimento del diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, non cessano i feroci attacchi all’accesso al diritto all’aborto e alla salute sessuale riproduttiva. 

Martina Carpani della Consultoria Transfemminista Fam e di Nudm Torino, che si occupa anche di accompagnamento agli aborti per donne che hanno difficoltà, racconta le difficoltà ad accedere alle procedure ospedaliere all’Ivg,  soprattutto con donne con background migratorio che hanno difficoltà d’accesso nonostante in Italia sia una procedura considerata d’urgenza. L’aspetto burocratico è piuttosto travagliato, «necessitano tutta una serie di documenti ed è necessario dimostrare che la persona è qui da più di tre mesi, raccogliendo scontrini, carte telefoniche e documenti dalla Questura, affinché possa beneficiare di questo diritto».

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Sono trascorsi 54 anni ed oggi come ieri le donne di tutta Italia sono dovute tornare in piazza per difendere i loro diritti. Sono stati anni di dure e continue battaglie nel tentativo di acquisire nuovi e legittimi diritti, abbiamo sostenuto le nostre sorelle di tutto il mondo, ci siamo indignate, abbiamo sofferto per loro, raccolto firme e siamo scese in piazza. Lascia basite ed incredule assistere al continuo e costante attacco e smantellamento dei diritti acquisiti con fatica, per trascinarci verso un oscuro Medioevo. Lasciamo aperta la riflessione su uno slogan della piazza tenuto in manoproprio da un uomo, che di certo non appartiene al ‘400, «se gli uomini potessero concepire, l’aborto sarebbe un sacramento»

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