Dom, 28 Apr, 2024

L’importanza delle origini nella storia. Casa Savoia: la dinastia lunga mille anni che ha fatto l'unità d'Italia

L’importanza delle origini nella storia. Casa Savoia: la dinastia lunga mille anni che ha fatto l'unità d'Italia

I testi, libri e studi che nel tempo hanno cercato di tracciarne la genealogia

Da bambino, durante le vacanze estive passate con i nonni materni nel nostro amato Monferrato, mi coricavo sul prato, protetto dall’erba verde e profumata, con il viso rivolto al cielo per ascoltare il rombo divenuto famigliare, di quei pochi aeroplani a motore che passavano ad interrompere la quiete del paesaggio: allora chiudevo gli occhi ed immaginavo che il suono che stava per arrivare sopra di me e lo stesso che di lì a poco, si sarebbe perso in lontananza, era semplicemente il percorso della vita che ogni uomo é destinato ad affrontare nella sua esistenza, breve o lunga che possa essere, sfuggente come l’aria, ma custode di mille segreti. In quel piccolo lasso di tempo scandito dal frastuono delle eliche, che man mano si perdeva nel cielo limpido ed azzurro, scrutavo le nubi in movimento e pensavo che ognuna di loro, avesse una storia da raccontare.

E’ naturale che ognuno di noi si possa chiedere, ad un certo punto della vita, da dove e quali terre veniamo, chi furono i nostri avi, quali possono essere le motivazioni del perché oggi possa trovarmi in un determinato luogo e non in un altro. Quali sono le motivazioni che hanno indotto i nostri predecessori a fare determinate scelte di vita. 

Questo tema dovrebbe essere caro a tutti noi, in particolare come italiani, in quanto la storia del nostro Paese, inteso come territorio e non come nazione, è forse la più lunga, meravigliosa e complicata vicenda storica che si possa raccontare.  Non di meno, proprio per questo, ognuno avrebbe tantissimi motivi per essere orgoglioso di appartenere ad una popolazione che è stata la guida del mondo in vari settori, fin dall’antichità, a partire dalla fondazione di Roma, fino ad arrivare all’Unità dello Stivale, che come evidenziano ataviche polemiche, non calza come si dovrebbe a molti nostri connazionali: troppo stretto per alcuni, ancora troppo largo per altri. 

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Purtroppo i tanto decantati sentimenti di unità latitano ancora in molti italiani, forse perché la storia italica è talmente complicata e campanilistica, quindi frastagliata nel tempo e nelle vicende, che è difficile crearsi un profilo storico privato e cercare di appartenere convintamente ad una certa identità: le nostre terre, a lungo domini di potenze straniere, sfruttate in molti modi, martoriate da epidemie di vario genere portate da eserciti mercenari, che nel tempo hanno generato piccoli Stati, tutti con origini diverse, tradizioni disparate, profondamente dissimili tra di loro e con mille dialetti parlati, benchè patria del buon Dante Alighieri.

Nel tempo i pregi di ognuna di queste identità politiche e sociali si sono perse e non vengono rivisitate mai abbastanza dagli odierni storici moderni, più impegnati a raccontare la trasformazione delle nostre società basate su economie che guardano sempre di più al tornaconto e sempre meno all’uomo, spacciandola per storia, ignorando quei provinciali difetti, tutti confluiti in un unico maelstrom che oggi ritroviamo intatti nella nostra bella e multiforme Italia e ci impediscono traguardi minimi che da anni, limitano a tutti i livelli il nostro sviluppo, relegando la nostra società civile in un limbo dominato dall’imperfezione.

Ricostruire il passato serve non per sublimare, con improbabili narrazioni atte a idolatrare determinati personaggi che hanno avuto un ruolo importante nella storia, ma per capire i pensieri di ognuno di loro, giudicando le loro azioni nello stesso periodo storico vissuto dai medesimi; non tutti i cultori della materia storica in Italia sono in grado di fare questa analisi, ed è un grosso male perchè nel tempo rischiano di falsare il passato. Troppo facile per molti di essi giudicare gli uomini sapendo come andò a finire, mentre è molto più difficile spiegare le azioni dei medesimi in base alle condizioni in cui si trovarono ad operare nelle epoche in cui furono costretti ad avallare certe decisioni, che a noi oggi possono apparire errate, ma che in quel preciso contesto storico\temporale avevano invece una precisa motivazione di essere perchè basate sulla logica del tempo e dei luoghi.

Logico quindi che ad un certo punto della loro esistenza, anche la famiglia Savoia si sia preoccupata di cercare e possibilmente trovare e provare, le loro origini.

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Un tema che nel tempo è stato oggetto di molti studi e di altrettante modifiche, in quanto l’origine del primo Conte di Savoia, Umberto Biancamano, non è mai stata appurata in maniera certa, mancando le fonti scritte sul personaggio, descritto prevalentemente su base agiografica, quindi con un profilo mutevole, che gli storici e cultori del settore, hanno fatto proprio, con il risultato che fin dall’inizio di ogni racconto, il profilo dei vari personaggi a seguire, resta incerto dal punto di vista biografico, a seconda dell’autore e nell’epoca in cui è stata ricostruita la storia.

Raffigurare in modo corretto gli uomini che per mille anni, sono stati designati a guidare, con sorti diverse, una famiglia, che da piccola entità nata sulle vette dei monti savoiardi della Moriana, sono arrivati ad essere i fautori dell’unità d’Italia, passando tra infinite storie di alleanze, con le più importanti monarchie europee, in guerra come in pace, sempre e solamente per difendere il natio territorio ed ampliare lo stesso, quando poteva presentarsi l’occasione, non è stato assolutamente semplice e per molti versi risulta ancora molto complicato.

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Ci sono state epoche diverse e distanti tra di loro, in cui i governanti di Casa Savoia, hanno ritenuto utile se non necessario, provare a ricostruire la loro storia. Per primo ci provò Amedeo VIII, il “Pacifico”, chiamato anche “Felice V”, nome che si attribuì come antipapa cattolico, ultimo Conte e primo Duca di Casa Savoia, la sua figura fa da spartiacque, in un’epoca in cui il conflitto tra la Chiesa, intesa come Papato, e le varie monarchie regnanti in Europa si combattono a suon di scomuniche e guerre locali.

Nasce nel 1383 a Chambery, l’antica capitale, nel 1416 viene nominato Duca dall’Imperatore del Sacro Romano Impero, Sigismondo di Lussemburgo, onde per cui, occorre valorizzare questa nomina, affiancandola ad una stirpe importante che fino ad allora nessuno aveva cercato di trovare in ambito savoiardo. L’incarico è affidato ad un certo Giovanni d’Orreville, che ha uno strano soprannome, “Cabaret”, che come riporta lo studioso Fernand Haiward , è già autore della “Cronaca del Duca di Borbone”: consulta gli archivi del castello di Chambery, ed i registri mortuari del monastero di Altacomba, sul lago del Bourget, con il risultato di approntare una piacevolissima trama
romantica, basata molto sulla sua fervida immaginazione e ben poco sulle reali vicende del casato, ovviamente per mancanza di scritti attinenti ad essa.

Occorre attendere quasi tre secoli, ed arrivare quindi al 1702, allorquando l’abate Ferrero da Lauriano, compone una sequenza di ritratti dei capi di Casa Savoia dal titolo “Augustae Regiaeque Sabaudae Domus arbor gentilitia Regiae Celsitudini” con dedica al frontespizio al Duca di Savoia Vittorio Amedeo II. In questo testo, che rimane il primo, grande lavoro iconografico della Casata,  Ferrero cita e quindi riconosce Umberto Biancamano come capostipite, ma legando la primogenitura a Beroldo, Conte di Savoia e di Moriana, cosa questa non avvalorata da nessun riscontro pergamenaceo, quindi privo di verità storica.

Anche lo storico piemontese Carlo Botta, si cimentò nel 1802, nel ricostruire, a favore del generale francese Jourdan, consigliere di Stato ed amministratore generale del Piemonte durante l’occupazione napoleonica, le vicende storiche riguardanti le più importanti città fortificate del Regno Sardo, con un testo dal titolo “Precise Historique de la Maison de Savoje et du Piemont”, ma si guarda bene dal citare le primogeniture varie, evidenziando solo “Le princes de la Maison de Savoje s’intitulent vicaries perpètuel su Sacre Empire romain”.

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Merita senza dubbio attenzione l’opera dello storico transalpino Jean Frezet, che traccia in tre volumi, ognuno dei quali dedicati ai Conti, Duchi e Re di Sardegna, editi a partire dal 1826, un ampio spazio storico\descrittivo, supportato da un impianto iconografico basato su stampe litografiche ritraenti anche le mogli degli stessi governanti di Casa Savoia: per l’occasione viene citata la data del 1024, anno in cui appare Umberto Biancamano, figlio di Beroldo, quindi di stirpe Sassone.

Modesto Paroletti nel 1827 compone nello, spazio di due testi di otto libri con altrettante tavole descrittive e pittoriche, l’opera dal titolo “I secoli della Real Casa di Savoia, ovvero, delle storie piemontesi”, edito dalla Stamperia Reale di Torino, è per molto tempo un punto di riferimento nella ricostruzione delle origini di Casa Savoia, ed anche qui la proiezione genealogica inizia dal già citato Beroldo.

Nel 1834 appare l’opera più importante dal punto di vista storico\agiografico, riguardante la tematica dei “Sigilli de’ Principi di Savoia”: voluta da Re Carlo Alberto ed affidata alla sapiente mano dello storico e numismatico Luigi Cibrario, accompagnato nell’impresa da Domenico Casimiro Promis. La tavola genealogica riportata tra le pagine XII E XIII, attribuisce la primogenitura al Conte di Savoja e Nyon, Manasse, primo sposo di Ermengarda, mentre in seconde nozze sposerà nel 1011 Rodolfo III Re di Borgogna: dalle prime nozze , secondo gli autori, nasce Umberto Biancamano .

Degno di menzione, anche se breve nel contenuto, il minuscolo testo dell’avvocato Lanteri, edito nel 1838 in Torino, ed approvato dal Magistrato della Riforma per l’uso nelle Regie e Pubbliche Scuole, dove viene avvalorata l’ipotesi del Cibrario, senza però dimenticare le congetture di autorevoli ricercatori del passato, tra i quali Ludovico della Chiesa, il Conte Nappione , il Durandi, Vernazza ed il Terraneo, che indicano invece le origini dei Savoia, come italiane, provenienti cioè da Adalberto Marchese di Ivrea, Re d’Italia, figlio di Berengario II. Questa tesi fu poi ripresa nel 1861 da Cibrario, nel tentativo di legare la primogenitura di Casa Savoia, vantando dal 17 marzo dello stesso anno come Re d’Italia Vittorio Emanuele II, ai primi regnanti italiani vissuti nel X° secolo: lo stesso storico approntò una tavola genealogica con i volti di tutti i Capi della Casata, da Umberto Biancamano al “Re Buono”, mettendo in testa la figura di Berengario II.

Arriveranno poi negli anni '30 del XX° secolo, altre ricerche di altrettanti studiosi, come Nicola Brancaccio e Maria Adriana Prolo, con l’opera edita nel 1930 dal titolo, “Dal Nido Savoiardo al Trono d’Italia “ un racconto genealogico con molte immagini a supportare uno splendido volume in foglio, dove sono narrati i Savoia dall’anno 1000 al 1870.

Nel 1955 è la volta del già nominato Fernand Hayward che con l’editore Cappelli, firma uno studio di ben 1.352 pagine , in due tomi, 400 di questi stampati in edizione speciale, numerati, con dedica al destinatario ed autografati da Umberto II:  per l’occasione cita anche il ricercatore De Manteyer, secondo il quale nel 1025, nel contesto del Concilio anseatico, Umberto Biancamano pronuncia un giuramento di pace, con tanto di discorso annunciante impegni presi verso le comunità dallo stesso controllate. 

Tornando ai giorni nostri, una genealogia esaustiva e semplice nella lettura, ben impostata e corredata da belle immagini, è quella preparata nel 2017 da Mario Reviglio: un testo di base che tutti dovrebbero leggere, prima di varcare la soglia di un sito museale legato alla millenaria storia dei Savoia, per meglio capire ed apprendere le tante cose che il nostro Piemonte custodisce nel ricordo di questa Dinastia.

Altro buon testo, completo e di scorrevole lettura, è quello edito nel 2018 dallo storico Mauro Minola, un racconto cronologico meticoloso e puntuale nell’illustrare con dovizia di particolari la dinastia.

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