Altro che Shakespeare, a Borgaro va di nuovo in scena una commedia degli equivoci con punte da farsa da oratorio. Dopo l’ultimo consiglio comunale, il 30 settembre scorso, il sipario si alza sull’ennesimo episodio della saga“Maggioranza contro Uniti per Cambiare”, dove la politica lascia spazio alle smorfie, alle accuse reciproche e a un irresistibile scambio di battute, ovviamente a distanza, degno di una sitcom di seconda serata.
Il comunicato della maggioranza sembra scritto col piglio di un notaio che sogna di fare il critico teatrale. «Il gruppo di minoranza non è una squadra compatta», accusano, puntando il dito su Luigi Spinelli, dipinto come il capo autoproclamato che riduce la capogruppo Elisa Cibrario Romanin a comprimaria. Gli esempi, per loro, abbondano: dal minuto di silenzio per Charlie Kirk (ritenuto una mossa propagandistica) all’uscita dall’aula per protesta, passando per un ordine del giorno “superficiale” sul popolo palestinese. La narrazione è chiara: Uniti per Cambiare litiga, si divide, inciampa, mentre la maggioranza avanza compatta, «seria e concreta» come un plotone in marcia.
La replica non si fa attendere. Uniti per Cambiare rovescia il tavolo con un comunicato che sembra scritto a quattro mani da un cabarettista e un polemista di lungo corso. «Leggere la maggioranza è come assistere a un finto Amleto che diventa farsa da dopolavoro» ironizzano, accusando gli avversari di confondere il pensiero unico con la compattezza. Il bersaglio preferito diventa la consigliera Roberta Di Siena, dipinta come un personaggio uscito da un romanzo del Novecento, baffetti metaforici compresi, pronta a imporre con sguardi truci e smorfie sprezzanti la linea da seguire. «Se il sarcasmo fosse un’arte – scrivono – avrebbe già una mostra personale; se la democrazia fosse un abito, lei lo indosserebbe al contrario».
Il nodo palestinese e il “grande abbandono”
«La rottura in aula - spiegano da Uniti - non è stata un capriccio». Il loro voto favorevole all’ordine del giorno della maggioranza era pronto, ma chiedevano di togliere il logo della lista Gambino e sostituirlo con quello istituzionale. La tensione è esplosa con Di Siena, e così è scattata la protesta: fuori dall’aula. Altro che «vittimismo – dicono – si è trattato di una scelta politica precisa». E sulle accuse a Spinelli leader improvvisato, la minoranza risponde con sarcasmo: «Curioso sentirlo da chi improvvisa indignazioni e scrive comunicati come un bambino col suo nuovo giocattolo: la parola politicanti».
Il retroscena: teatro dell’assurdo con applausi mancati
Da una parte la maggioranza che si racconta come solida, dall’altra l’opposizione che rivendica autonomia di pensiero e accusa gli avversari di autoritarismo mascherato da democrazia. Risultato: il Consiglio comunale diventa palcoscenico di una guerra di nervi, più che di idee. A vincere non sono le mozioni né i documenti, ma le battute al vetriolo. E intanto, tra uscite dall’aula, loghi da rimuovere e baffetti immaginari, a Borgaro resta la sensazione che la politica sia sempre più teatro. Peccato che al botteghino gli spettatori chiedano meno commedia e più contenuti.
Postilla finale
E mentre maggioranza e Uniti per Cambiare si scambiano fendenti degni di un ring, c’è chi se la gode comodamente in poltrona: Fratelli d’Italia, spettatore silenzioso e sorridente, che osserva lo spettacolo senza muovere un dito. Forse perché, in certe commedie, il ruolo migliore è proprio quello del pubblico.

