Quanto accaduto il 14 giugno scorso continua a far discutere. E, a distanza di settimane, solleva domande che non hanno ancora ricevuto risposte convincenti, soprattutto in vista dell’imminente anniversario della strage di via D’Amelio del 19 luglio che costò la vita al giudice Paolo Borsellino e alla sua scorta.
Quella sera, su mandato del Consiglio comunale, si è svolta una cerimonia per consegnare un riconoscimento al testimone di giustizia casellese Mauro Esposito, alla presenza di numerosi ospiti d’eccezione, tra cui Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, e uomini della scorta e del mondo dell’antimafia.
Serata disertata non solo dal sindaco, ma anche dalla sua giunta e da tutti i consiglieri di maggioranza. Un’assenza che ha colpito nel segno e ha inspiegabilmente coinvolto anche gli esponenti del Partito Democratico cittadino (che attualmente siedono all'opposizione), forza politica che ha ricoperto ruoli di governo a Caselle per oltre un decennio. L’assenza collettiva è apparsa a molti cittadini come un’occasione mancata, un gesto che ha lasciato spazio a interpretazioni e malumori.
In questo contesto, la richiesta di Salvatore Borsellino - di non svolgere alcuna commemorazione istituzionale per il 19 luglio - è apparsa chiara e motivata, proprio alla luce di quanto accaduto. Una richiesta che, a quanto pare sembra essere caduta nel vuoto.
Secondo alcune indiscrezioni (nessuna comunicazione, nè volantini), l’Amministrazione intenderebbe procedere con una commemorazione “silenziosa”, trasmettendo due filmati RAI per tutta la giornata e posizionando una toga farlocca sotto i portici di Palazzo Mosca. Simboli vuoti, scenografie da teatrino civico, mentre i protagonisti veri della lotta alla mafia - i vivi, quelli che rischiano ogni giorno - sono stati ignorati quando contava davvero. Una scelta che non ha visto il consenso unanime neppure all’interno della Commissione per le Pari Opportunità e la Legalità, tanto che le rappresentanti Marina Fragiacomo e Jessica Coffaro — espressione di due gruppi dell’opposizione - si sono dissociate ufficialmente, ribadendo la necessità di rispettare la volontà espressa da Salvatore Borsellino. «Sarebbe stato opportuno anche solo un confronto interno», fanno sapere e denunciano come nemmeno via whatsapp sia stato cercato un minimo di dialogo prima di mettere in piedi l’ennesimo teatrino istituzionale.
E mentre l’Amministrazione si prepara a sfoggiare le sue “iniziative di sensibilizzazione”, il Circolo PD di Caselle ha pensato bene di lanciare un’iniziativa online dal titolo “Che cos’è la legalità?”, invitando la cittadinanza a registrare brevi video con riflessioni personali. Una trovata social, patinata, digeribile. Ma tragicamente fuori tempo massimo.
In questo contesto non si è fatta attendere la reazione del consigliere Endrio Milano (Progetto Caselle 2027), organizzatore (lo ripetiamo su mandato del Consiglio e del sindaco) della serata del 14 giugno: «L’ipocrisia degli esponenti casellesi del PD è sotto gli occhi di tutti. Dove erano quella sera, quando davvero contava esserci?». Milano non manda a dire nulla e ricorda come le due giunte targate PD tra il 2012 e il 2022 abbiano ignorato Mauro Esposito nei momenti più delicati, e siano rimaste inerti persino davanti alla possibilità di recuperare per la città beni confiscati alla criminalità. Solo dopo una sua interrogazione nel 2022, la villetta di viale Bona 43 è stata finalmente acquisita dal Comune. E grazie all'attuale sindaco Giuseppe Marsaglia per "dare a cesare quel che è di cesare". Troppo tardi. Troppo comodo.
E rincara la dose Andrea Fontana (Caselle Futura), che il 14 giugno ha salvato la faccia della città portando i saluti istituzionali: «Serve chiedere scusa, non postare video. Serve coerenza, non commemorazioni farlocche. Ma c’è chi resta arroccato sul proprio piedistallo».
Caselle è lo specchio di un’Italia in cui la lotta alla mafia è diventata un brand, un logo, una data da mettere in calendario, ma non una scelta quotidiana. Chi ha ignorato Mauro Esposito, chi ha disertato la presenza di Salvatore Borsellino, oggi se fosse coerente non avrebbe il diritto di parlare di legalità.
Sarebbe stato più opportuno e dignitoso che la commemorazione del 19 luglio diventasse un silenzio rispettoso. Invece, probabilmente si perderà l'occasione per fare autocritica.