Il sostegno alle aree interne sarà una priorità crescente nell’economia agricola italiana dei prossimi anni. È fondamentale riportare al centro della Politica Agricola Comune (PAC) il valore delle zone rurali e delle aziende a conduzione familiare che, nonostante le difficoltà, garantiscono la tutela del territorio, della biodiversità e delle produzioni tipiche locali, fulcro del Made in Italy agroalimentare.
Attualmente, una larga parte delle produzioni agricole italiane proviene da territori collinari e montani: il 61% del vigneto nazionale, il 69% degli oliveti, il 64% dei frutteti, il 44% degli allevamenti bovini e l’83% di quelli ovicaprini si trovano in queste aree. La permanenza degli agricoltori in tali zone va difesa a ogni costo per evitare che la produzione agroalimentare italiana perda competitività a livello internazionale. Inoltre, è necessario favorire il ricambio generazionale e incentivare la multifunzionalità delle aziende agricole attraverso attività di supporto.
Gabriele Carenini e Cristiano Fini
Le richieste di Cia Piemonte
Questi temi sono stati al centro della decima Conferenza economica di Cia Agricoltori Italiani, conclusasi a Roma con la partecipazione del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Commentando gli esiti della conferenza, il presidente regionale di Cia Piemonte, Gabriele Carenini, ha ribadito la necessità di misure concrete per il sostegno all’agricoltura nelle aree interne.
Durante i lavori, Denis Pantini, responsabile Agroalimentare di Nomisma, ha illustrato i limiti strutturali che caratterizzano il settore primario italiano rispetto ad altri Paesi dell’Unione Europea.
«La dinamicità competitiva di Francia e Germania – ha sottolineato Pantini – deriva anche da una diversa struttura imprenditoriale. In Italia, solo il 4% delle aziende agricole supera i 50 ettari di superficie, mentre in Francia e Germania questa percentuale è rispettivamente del 43% e del 31%. Analogamente, le aziende con un valore della produzione superiore ai 100.000 euro sono il 36% in Germania e il 46% in Francia, mentre in Italia si fermano al 10%»
Questi limiti strutturali influiscono sulla redditività del settore e spiegano in parte la ridotta presenza di giovani imprenditori agricoli in Italia, pari al 5%, rispetto all’8% in Germania e al 10% in Francia.
Per ovviare a tali difficoltà, le imprese agricole italiane stanno diversificando le proprie attività. Il valore delle produzioni secondarie pesa ormai per il 19% sulla produzione agricola nazionale, con una crescita del 18% nel settore delle energie rinnovabili e del 24% nell’agriturismo negli ultimi quattro anni.
Conferenza Nazionale
Verso una PAC più equa
Il presidente nazionale di Cia Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, ha evidenziato la necessità di un tetto ai contributi PAC per le grandi aziende. Nel 2023, il 23% dei finanziamenti europei è stato assegnato al 2% delle imprese agricole con oltre 100 ettari di terreno, che spesso dispongono già di capitali per investire senza necessità di aiuti pubblici. «Ne paga le conseguenze l’agricoltura minore, chi fa reddito solo con il lavoro nei campi» ha affermato Fini.
Per riequilibrare il sistema, Fini ha proposto di introdurre un tetto massimo ai fondi destinati alle grandi aziende e di considerare, oltre alla dimensione aziendale, anche la collocazione geografica. Secondo questa prospettiva, l’Europa dovrebbe prevedere un pacchetto aggiuntivo di aiuti per le aree interne e fragili, attingendo ai fondi di coesione.
La delegazione piemontese di Cia Agricoltori Italiani ha partecipato attivamente alla conferenza con la presenza del presidente regionale Gabriele Carenini e del direttore Giovanni Cardone, insieme a numerosi rappresentanti delle province piemontesi, tra cui Cia Agricoltori delle Alpi, Cia Alessandria-Asti, Cia Novara-Vercelli-Vco, Cia Biella e Cia Cuneo.
L’evento ha messo in luce le criticità e le opportunità per il futuro dell’agricoltura italiana, ponendo l’accento sulla necessità di politiche più eque e di un sostegno mirato alle imprese agricole delle aree interne.