Ven, 22 Nov, 2024

Cento anni fa "Il Natale di sangue" a Fiume. La città dalmata bombardata dalla Marina militare

Cento anni fa "Il Natale di sangue" a Fiume. La città dalmata bombardata dalla Marina militare

Terminò così la singolare esperienza di Gabriele d'Annunzio ed i suoi Legionari, che anticipò la Marcia su Roma

Cento anni fa si consumava una tragica pagina di storia italiana. Presto rimossa dalla memoria collettiva.

Ribattezzata, con una certa enfasi come “Il Natale di Sangue”. Fu la prima volta, nella storia dello Stato italiano, in cui uomini del Regio Esercito puntarono le proprie armi contro altri italiani, che in quello stesso esercito, in un recente passato avevano combattuto.

Uno scontro che lasciò sul campo 17 militari, appartenenti appunto al Regio Esercito e 22 cosiddetti Legionari fiumani, che costituivano un eterogenea forza armata, costituita da elementi provenienti da diversi settori di quello stesso esercito, che ora li vedeva contrapposti.

Uomini che avevano scelto di sostenere militarmente l’impresa fiumana voluta dall’allora poeta-vate-soldato Gabriele d’Annunzio.

E’ difficile, oggi, a distanza di cento anni, comprendere quanto quell’impresa politica, prima ancora che militare, infiammò non solo gli animi degli italiani, ma le cancellerie e le diplomazie di mezza Europa, per non parlare addirittura degli Stati Uniti guidati dal presidente Wilson.

Improvvisamente Fiume, una piccola cittadina dalmata che si affaccia sul mare Adriatico, dopo il Trattato di Rapallo, che la vedeva assegnata alla Jugoslavia, divenne l’epicentro inaspettato di un terremoto politico e militare, dai risultati imprevedibili, ma che fu anche una sorta di pericolosissima quanta azzardata “prova generale” per ribaltare e mettere profondamente in crisi il sistema democratico e parlamentare del nostro Paese.

Un modello a cui il fascismo nascente di Benito Mussolini guardò con grande simpatia ed interesse. Facendo però anche tesoro degli errori e delle ingenuità del poeta soldato.

Foto Fiume

Comprendere appieno oggi, una figura come quella di d’Annunzio non è semplice, abituati ormai come siamo allo star system, al ruolo persuasivo dei media, in una società dove tutto è immagine, un personaggio come d’Annunzio potrebbe apparirci come grottesco, fuori dai limiti. E proprio questa fu la cifra del suo straordinario successo.

In un mondo dove la pubblicità, il ruolo dei media: cinema, radio, giornali, iniziava ad essere sempre più incisivo nel plasmare i gusti, le tendenze, le idee politiche, il poeta soldato si trovò perfettamente a suo agio, nel ritagliarsi su misura l’immagine del super uomo.

Un modello allora ritenuto vincente in tutti i campi, rispetto alle masse popolari. Che fosse la letteratura, la poesia, l’arte, il teatro, d’Annunzio sapeva sempre come e quando muoversi sulla scena. Egli aveva presto imparato ad usare sapientemente le tecniche pubblicitarie, la retorica, il gusto per le iperboli, la capacità di identificare un avversario politico come il nemico assoluto, e quindi da combattere e disprezzare in ogni modo. Amato dalle folle. Grazie ad i suoi gesti solitari e sprezzanti era divenuto l’idolo delle masse, proprio quelle che lui cercava di allontanare. Per lui la guerra, non fu altro che la naturale prosecuzione dei precedenti palcoscenici che aveva calcato. Ciò che contava era essere sempre e solo lui al centro.

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Che fosse la “Beffa di Buccari”, il “Volo su Vienna”, o altre iniziative, era sempre e solo il gesto solitario, eclatante, che lo contraddistingueva. Ma finita la guerra anche per lui e le sue gesta ardimentose, calava definitivamente il sipario.

Ma una Europa ed una Italia decisamente turbolenta, gli avrebbe presto aperto nuove ed inimmaginabili prospettive. L’Italia era uscita vittoriosa dal primo conflitto mondiale. Ma a che prezzo? Oltre 600 mila i morti, senza contare gli invalidi civili e militari, le infrastrutture del nordest del Paese duramente colpite da anni di battaglie.

A questo bisognava aggiungere una industria bellica da riconvertire, un esercito da smobilitare, la mancanza di posti di lavoro, le prime agitazioni operaie e contadine. Il dibattito politico nazionale era dilaniato da scontri sempre più aspri. La Conferenza di Pace di Versailles, a giudizio di molti osservatori, non stava riconoscendo all’Italia, quelle compensazioni territoriali concordate nel patto segreto di Londra.

Dalle ceneri dell’impero asburgico erano nati nuovi stati, tra cui la Jugoslavia, che non vedevano di buon occhio la cessione alle potenze vincitrici di terre appena ricevute in dote. Wilson, il presidente degli Stati Uniti, con grande anticipazione dei tempi, ma sicuramente in modo utopico, immaginava una confederazioni di popoli europei liberi, non il ritorno delle vecchie contese territoriali, che tanto avevano contribuito alla deflagrazione della Grande guerra.

Possiamo solo immaginare dunque, quanto poco comprendesse le aspirazioni dei governo italiano, verso la Dalmazia, per ampliare la sfera di controllo sull’intero bacino adriatico.

Natale di sangue fiume sušak Rječina Fiume DÁnnunzio

Così la piccola cittadina di Fiume che, si badi bene, non era mai stata compresa fra le ricompense territoriali, in caso l’Italia fosse entrata in guerra contro le potenze centrali, divenne improvvisamente il perno attorno al quale ruotavano tutte le aspettative e le richieste della diplomazia italiana.

Nonostante ciò la cittadina, nel Trattato di Rapallo, finì a far parte del nascente stato jugoslavo. E qui entra in gioco il nostro poeta-soldato. Una delegazione di fiumani si reca a Venezia, dove non casualmente vi soggiornava d’Annunzio, ed invita il Comandante a mettersi a capo di una spedizione militare che contro ogni accordo  e violando i termini del Trattato di Rapallo, occupi la città di Fiume, dichiarandola italiana a tutti gli effetti.

Musica per le orecchie per il poeta-soldato, che scorge l’ennesima avventurosa occasione per tornare alla ribalta. Alla testa di un gruppo di ufficiali e soldati dell’ormai ex esercito regio, marcia su Fiume, la occupa, i soldati che la presidiano, prudentemente scelgono di ritirarsi, anche se molti, seppur non apertamente, appoggiano una simile iniziativa, che porta alla nascita della Reggenza del Carnaro.

Giornalisti di mezzo mondo giungono in questa piccola cittadina costiera, ed inviano le loro corrispondenze. Fiume entrano nel dibattito politico e diplomatico internazionale. Il Governo intanto temporeggia. Benito Mussolini ed il suo ancora piccolo movimento guarda stupito a questa esperienza completamente nuova. Ma l’invidia verso il Poeta serpeggia, e la paura che il Vate possa oscurare il suo piccolo astro politico, appena agli esordi, è grande. Intanto cosa succede a Fiume?

fiume impresa del carnaro

Qualcosa che neppure d’Annunzio avrebbe immaginato. Da ogni parte d’Italia e d’Europa, giungono a frotte nella cittadina dalmata, avventurieri di ogni risma e colore, anarchici, reduci della Grande guerra, sindacalisti rivoluzionari, ex arditi, studenti, Futuristi, donne attratte dal fascino del Vate, ma anche, più semplicemente mogli, amanti, fidanzate, sorelle, figlie, di quei soldati ed ufficiali che hanno deciso di seguire D’Annunzio. A Fiume ci sarà persino un giapponese, appassionato di discipline orientali che, per primo in Italia, introdurrà nel nostro Paese la filosofia dello Yoga, oggi tanto di moda.

Insomma una realtà complessa e composita. Una sorta di libera repubblica del pensiero e degli spiriti più evoluti in ogni campo.

L’omosessualità non è condannata o repressa, e per lo spirito dei tempi non è poca cosa. Si danno vita a progetti culturali ed economici per sostenere la piccola cittadina, soffocata dall’embargo. Teatri, mostre, iniziative, fanno da sfondo a molte manifestazioni culturali e musicali che se all’inizio affascinano i fiumani, dopo un po’sono ne escono disorientati.

D’Annunzio teorizza di dare il voto alle donne, cosa che accadrà realmente in Italia solo molti anni dopo. Ammette il divorzio. Insomma quella che doveva essere una rivendicazione territoriale si trasforma in un curioso esperimento politico e sociale, dai contorni confusi, ma molto temuto.

Natale sangue dannunzio

Infatti saranno gli stessi fiumani, ad un certo punto, stanchi ed esasperati, a chiedere l’intervento del governo italiano.

La cosiddetta Questione fiumana si era spinta troppo oltre. Si decise quindi di applicare il Trattato di Rapallo, ratificato dal parlamento italiano.

Truppe del Regio Esercito guidate dal generale Enrico Caviglia marciarono su Fiume, con l’invito di deporre le armi, rivolto ai Legionari di d’Annunzio. Mentre dal braccio di mare su cui si affacciava la cittadina fiumana, navi della Marina militare si apprestavano a cannoneggiare la città. Gli scontri iniziarono alla vigilia di Natale del 1920. L’ordine intimato era chiaro: arrendersi e lasciare la città.

Inizialmente D’Annunzio rifiutò ogni trattativa. Ma di fronte alla resistenza dei Legionari, la Marina ha l’ordine di bombardare Fiume. Anche il palazzo sede del Governo, fu danneggiato e lo stesso d’Annunzio ferito ad un occhio.

Ogni resistenza era ormai impossibile. Il 31 dicembre firma la resa. Il clamore in tutto il Paese fu enorme. Le truppe regolari presero il controllo della città mentre i Legionari si disperdevano.  

D’Annunzio salutato da molti come un eroe, partiva libero e indenne alla volta di Venezia. L’impresa di Fiume, invece, ancor di più, dissezionata e studiata da Benito Mussolini che a parole, non fece mai mancare il sostegno all’impresa di d’Annunzio, ma si guardò bene dall’unirsi al Vate ed ai suoi Legionari. Anzi la raccolta fondi per Fiume, voluta dal giornale diretto da Mussolini, non fu mai versata nelle casse del governo presieduto da d’Annunzio.

Calava così il sipario sulla città di Fiume che venne proclamata “Stato libero di Fiume”. Neanche due anni dopo il Paese assisterà alla Marcia su Roma che per forma, contenuti, e parole d’ordine, molto doveva alla marcia fiumana. Per questo la storiografia negli anni, ha sempre più individuato un legame diretto fra l’esperienza dannunziana e la marcia su Roma di Mussolini.

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Solo recentemente si sono analizzati i dissapori profondi tra il Capo del fascismo ed il poeta-soldato, soprattutto la sua storica avversione verso la Germania e qualsivoglia eventuale alleanza con essa.

D’Annunzio finirà la sua esistenza, quasi esso stesso monumentalizzato, ma in pratica inoffensivo, nella sua residenza, il Vittoriale a Gardenone Riviera sulle sponde del lago di Garda, perennemente controllato e spiato dalla polizia fascista. Prigioniero dei suoi ricordi e delle sue imprese.

Due anni dopo la Marcia su Roma, nel 1924, Fiume verrà formalmente annessa, senza  colpo ferire, allo Stato italiano, subendo poi, quasi vent’anni dopo una feroce occupazione tedesca, ed entrando definitivamente a far parte, terminata la seconda guerra mondiale, della Jugoslavia.

Oggi è una tranquilla cittadina croata meta turistica. Ma cento anni fa la storia passò per le sue vie e le sue piazze, facendo conoscere il suo nome in tutto il mondo.

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