Una donna che ha avuto un ruolo fondamentale nella vita del Re che ha unificato ltalia
Si è conclusa da poco una mostra nella Palazzina di Caccia di Stupinigi, nei pressi di Torino, dedicata ad una figura poco conosciuta ma importantissima nel panorama delle donne che a metà Ottocento vissero i cambiamenti della società piemontese, partecipando materialmente ed emotivamente ai preparativi militari nelle guerre d’Indipendenza italiana e di tutto quel che ne conseguiva, se poi tale figura è stata la prima ed unica consorte di Vittorio Emanuele II, allora possiamo dire di trovarci di fronte ad un personaggio che ha certamente avuto un ruolo enorme nella vita di un Re che divenne l’unificatore della penisola.
Adelaide è figlia dell’Arciduca Ranieri d’Austria, al tempo del matrimonio della figlia è governatore di Milano e Vicerè del Lombardo Veneto, e della sorella di Carlo Alberto, la principessa Maria Elisabetta di Savoia Carignano. Appartiene al ramo dei Lorena, arciduchessa d’Austria e principessa d’Ungheria assieme ad altri titoli nobiliari che di consuetudine vengono attribuiti al momento della nascita, che avviene a Milano, al tempo Lombardo Veneto, il 3 giugno 1822. A vent’anni, nel 1842, sposa il ventiduenne cugino Vittorio Emanuele Principe di Piemonte ed alla rinuncia al trono dello suocero Carlo Alberto a favore del Figlio primogenito ,dopo la rovinosa sconfitta di Novara nel marzo del 1849, diviene Regina di Sardegna.
Le nozze celebrate a Torino vedono una partecipazione di popolo straordinaria, in modo particolare per le diverse ostensioni della Sindone che impreziosiscono l’evento e danno lo spunto a diverse pubblicazioni per mettere in evidenza un matrimonio importante anche sul piano politico, in particolare le opere di Luigi Cibrario con le sue “Feste Torinesi”, perchè se da una parte il Piemonte desidera liberare i territori italiani sotto dominio Asburgico, deve comunque mantenere rapporti di amicizia che possano domani consentire un dialogo con l’Austria, ed il matrimonio,come tutti quelli avvenuti tra rampolli delle diverse Case Reali, ha questo scopo, che sarà anche poco nobile dal punto di vista umano ed etico, ma negli Stati monarchici, funziona sempre, ancora oggi.
Maria Adelaide amerà profondamente Vittorio Emanuele, e come tutte le mogli dei sovrani conscie del loro ruolo all’interno di una famiglia Reale, perdona costantemente le tante scappatelle amorose del focoso “Bigio”, come veniva chiamato dalla Rosa Vercellana, suo altro grande e vero amore della sua vita.
Adelaide era una donna molto bella, fine ed intelligente, la sua giovinezza era trascorsa in parte alla Villa Reale di Monza e per brevi periodi a Milano, il suo viso era dolce e nello stesso istante triste e per motivi a noi sconosciuti, tale figura non è testimoniata da nessun scatto fotografico, tranne un dagherrotipo che la ritrae con la piccola figlioletta sulle ginocchia, Maria Pia. Ebbe otto figli nei tredici anni trascorsi con Vittorio Emanuele, ovvero Maria Clotilde,che sposerà Gerolamo Napoleone, secondo gli accordi di Plombieres tra Cavour e l’Imperatore dei francesi Napoleone III ,e che fece dire ai detrattori del Re di Sardegna, che per avere l’aiuto militare francese nella campagna del '59, prima vendette la culla (la Savoia ceduta alla Francia), e poi la bambina allora quindicenne (data in sposa al cugino dell’imperatore transalpino): per capire che tipo fosse Gerolamo, che tutti chiamavano Plon Plon per via della sua leggerezza, per avvertirlo che avrebbe dovuto ritornare in terraferma per conoscere la povera Maria Clotilde, sua futura sposa, fu inviata la marina militare francese nei mari che costeggiavano le coste meridionali, ove il nostro era in navigazione sul suo yacht in compagnia di dolci e poco raffinate fanciulle.
Umberto, primo figlio maschio che divenne il secondo Re d’Italia alla morte del padre avvenuta nel 1878, sposò la cugina Margherita di Savoia, figlia di Ferdinando Duca di Genova, secondogenito di Carlo Alberto e di Maria Teresa di Toscana, quindi anch’essi cugini primi: fu l’ultimo matrimonio tra consanguinei che interessò il ramo principale dei Re d’Italia, in quanto per "rafforzare" il sangue reale indebolito ormai da troppe unioni tra principi imparentati tra di loro, al buon Vittorio Emanuele III, fu data in sposa la bella e sana principessa Elena Petrovic-Niegos del Montenegro.
Amedeo Duca di Aosta, che divenne per un breve periodo Re di Spagna, terzogenito, sposò la ricca e sfortunata Maria dal Pozzo della Cisterna che morì all’età di 29 anni, e gli diede tre figli, Emanuele Filiberto, che si distinse come comandante della III° Divisione,”Invitta” come venne celebrata dopo l’ordinata ritirata nei momenti drammatici vissuti dall’esercito italiano nella disfatta di Caporetto nella prima guerra mondiale; Luigi Amedeo Duca degli Abruzzi, ammiraglio e comandante della nave rompighiaccio Stella Polare che raggiunse il Polo Nord assieme all’amico Umberto Cagni e scalò il Ruwenzori in Africa, imprese che contribuirono, assieme a molte altre, alla creazione del mito del grande esploratore ed infine il terzo figlio, Vittorio Emanuele Conte di Torino, militare di carriera che nella vita fece una sola cosa degna di nota, ma la fece talmente bene che fu celebrato per tutta vita come un eroe: sfidò a duello un giornalista che aveva offeso, dando del codardo a molti ufficiali italiani che erano stati sconfitti e fatti prigionieri dalle truppe abissine di Menelik, durante le disastrose Campagne d’Africa volute da Crispi, nell’ultima decade del 1800. Il povero reporter non potè sottrarsi alla resa dei conti, perchè esponente della famiglia degli Orleans, grande nobiltà francese, tanto che Emanuele Filiberto, sposò proprio una esponente di questa prestigiosa famiglia, ovvero la Principessa Elena, quindi per antica consuetudine, se il guanto di sfida era lanciato da un nobile, verso un pari grado, questi aveva l’obbligo di accettare, pena la vergogna perenne,che avrebbe investito per sempre il nome del casato.
Il duello avvenne nella radura di un bosco nei pressi di Parigi e visto che l’arma scelta era la spada, quindi particolarmente amata da un militare e provetto spadaccino come il Savoia, dopo poche stoccate l’Orleans venne ferito in modo lieve ad un braccio dall quale sgorgò qualche goccia di sangue, tanto bastava per interrompere la disputa armata: l’onta italica era stata lavata con il sangue denigratorio del nobile francese, che una volta medicato, salutò e se ne andò a scivere articoli giornalistici da un’altra parte.
Quando il vincitore Vittorio Emanuele ritornò a Torino in treno, ad accoglierlo alla stazione trovò ad aspettarlo una folla di 15.000 persone che lo portarono in trionfo, dopodichè visse di rendita, di memoria guerriera, fino alla sua morte.
Il quarto figlio, il più sfortunato fu Oddone, Duca del Monferrato, che morì a Genova all’eta’ di 20 anni. Storpio, impossibilitato a camminare, piccolo di statura con un fisico che non si era sviluppato e che era rimasto prigioniero di sofferenze atroci che lo accompagnarono nella sua breve vita, fu apprezzato per la sua grande intelligenza e sensibilità, per il suo amore verso la natura che studiò sempre con grande passione.
Venne poi Maria Pia, la Principessa che divenne Regina del Portogallo e dell’Algarve, sposa dell’erede al trono Luigi e madre di Carlo, che divenne Re e fu assassinato assieme al figlio e Alfonso Carlo. L’assassinio del figlio Carlo e del nipote,ebbero un effetto devastante nella psiche di Maria Pia, che iniziò a mostrare sintomi di demenza, tanto che nel 1910, dopo che il Portogallo passò dalla monarchia alla repubblica, ritornò in Piemonte. Scendendo dalla nave che la accompagnava in Italia, un uomo della scorta disse ai presenti che l’avrebbero dovuta accompagnare a Torino, che gli avrebbero potuto parlare in dialetto piemontese, ma Maria Pia, con orgoglio e lucidità, riprese a muso duro l’autore di tale frase, ricordando a tutti i presenti che “il piemontese è una lingua, non un semplice dialetto, quindi si portasse più rispetto al suo popolo.
Gli ultimi tre figli morirono invece in breve tempo, in particolare l’ottavo ed ultimo parto fu il più tremendo e doloroso, sempre accompagnata nella sua agonia dal marito Vittorio Emanuele II. Accennò ad una ripresa fisica,ma dopo pochi giorni morì la suocera Maria Teresa di Toscana e durante i funerali della medesima a Superga, Maria Adelaide si sentì male, anche a causa del freddo di quel glaciale gennaio del 1855, ed un attacco di gastroenterite le fu fatale. Da tempo non usciva più tra il pubblico, disertando feste e ricevimenti, nell’ultimo anno di vita iniziò a perdere i capelli ed anche qualche dente, segno di una debolezza infinita che la porterà alla morte quel triste 20 gennaio del 1855.
A testimonianza delle sue condizioni fisiche nel suo ultimo anno di vita, esiste un biglietto, da poco ritrovato, scritto dalla stessa Maria Adelaide, che rivolgendosi alla diciassettenne contessa di Castiglione, Virginia Verasis, la invita ad accompagnarla alla messa nel convento appresso al palazzo reale di Torino alle ore 08,00 del giorno dopo, poi farà toeletta e si ritirerà nei suoi appartamenti. Abitudini queste, che saranno sempre più ricorrenti negli ultimi mesi di vita di questa giovane e sfortunata testimone di quel Piemonte che si apprestava a diventare la guida spirituale e militare dell’unificazione italiana.
Riposa a Superga, tra le braccia dei suoi avi, distante dal marito che tanto amò e da cui venne sicuramente ricambiata, come si evince dalle molte lettere affettuose che si scambiarono in vita Adelaide e Vittorio.