Focolai in aumento su tutto il territorio italiano, sia nel cane sia nell'uomo
La leishmaniosi è in rapido e costante aumento su tutto il territorio nazionale sia nell'uomo sia nel cane.
«Nelle decadi 1960-80 – ha spiegato Luigi Gradoni dell'Istituto Superiore di Sanità - i casi di leishmaniosi viscerale umana erano ridotti ad alcune decine. Dalla fine degli anni '80 è ripreso invece un aumento lento e graduale della loro incidenza, fino a un nuovo picco superiore ai 200 casi, 1/3 dei quali in età pediatrica, registrato nei primi anni 2000».
Ma il vero problema epidemiologico si registra tra i cani. Dagli ultimi dati è emerso che i focolai d'infezione oggi si collocano uniformemente in tutte le aree costiere, collinari e pedemontane della penisola. Le regioni più colpite sono quelle della costa tirrenica, del basso Adriatico e le isole maggiori dove il tasso di infezione canina è di norma superiore al 15% con microfocolai che superano il 40% nell'area napoletana e raggiungono il 60% nel catanese. Minore il rischio nelle regioni centrali e interne (5-14%) e ancora più nel nord Italia (2-4%). Le uniche aree attualmente non coinvolte sono i centri urbani delle città medie e grandi, e i rilievi montuosi sopra i 400-800 metri.
Nel cane l'infezione viene trasmessa dal vettore (chiamato flebotomo, ovvero il comune pappatacio) durante la stagione calda e può decorrere in maniera inosservata per mesi o anni. A differenza dell'uomo, però, il 40% degli animali infetti mostra una progressione costante e inevitabile verso la forma clinica grave della malattia. Nell'uomo la leishmaniosi viscerale è una grave malattia cronica tendente ad aggravarsi nel tempo. L'incubazione è di molti mesi e l'esordio dei sintomi può avvenire in modo subdolo.
La leishmaniosi canina è costantemente presente in forma endemica in tutti i Paesi che circondano il mar Mediterraneo. Il flebotomo vive in condizioni atmosferiche tipiche delle nostre latitudini, con temperature superiori ai 15°C e ad altitudini comprese tra il livello del mare e i 1.500 metri. Questo insetto è presente in tutti i continenti tranne che in Antartide, Australia e Isole del Pacifico.
All’origine dell’attuale situazione epidemiologica sembrano coinvolti più fattori concomitanti, tra i quali l’introduzione di soggetti infetti in zone dove era già presente il pappatacio a seguito dell’evoluzione del rapporto uomo-cane – “turismo con cane al seguito” – e l’adattamento dei flebotomi a nuovi habitat, anche a causa di mutamenti climatici-ambientali.
Gli insetti si adattano a vivere dove la temperatura glielo consente. Se gli inverni sono più miti anche nelle aree considerate fredde, per loro sarà facile sopravvivere. Paesi come la Gran Bretagna e il Belgio stanno comunque monitorando la situazione. Per quanto riguarda il pappatacio, vettore della leishmaniosi, è stato sorprendente rilevare che in Regioni come Piemonte, Emilia Romagna occidentale, Lombardia, Veneto, Friuli, Trentino e persino Valle d'Aosta siano stati accertati casi autoctoni di infezione da leishmania. Nella zona di Torino i casi si sono concentrati nella zona della collina.
Vi sono forme di prevenzione sotto forma vaccinale, con un’efficacia che comunque non raggiunge il 100%, per cui è sempre fondamentale attuare la profilassi antiparassitaria che protegga anche dai flebotomi.
Una volta contratta, la leishmaniosi è difficile da curare, e comunque non guarisce mai completamente; sono pertanto necessari controlli periodici (esami del sangue). Vi sono farmaci “antibiotici” appositi da somministrare a cicli a seconda della fase della malattia, e integratori ed altri farmaci che invece vanno somministrati a vita per prevenire il riacutizzarsi della malattia e le sue conseguenze. Essere seguiti costantemente dal punto di vista medico è pertanto fondamentale.
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