Ven, 29 Mar, 2024

Errori ed orrori basati su teorie scientifiche sbagliate. Ma mai riconosciuti tali dal suo fondatore

Errori ed orrori basati su teorie scientifiche sbagliate. Ma mai riconosciuti tali dal suo fondatore

Parliamo del museo di antropologia criminale Cesare Lombroso di Torino

 

C'è una fotografia di Cesare Lombroso che per la sua particolare fisionomia, mi ha sempre colpito ed anche un po' turbato, uno scatto che disegna un signore che ha da poco sorpassato la mezza età, fronte ampia e sguardo fisso su di un obbiettivo che solo il protagonista può scrutare, occhi piccoli sormontati da occhialini da vista ancora più minuti, baffi che celano il labbro inferiore molto pronunciato in un viso carnoso dove dal mento un ciuffo bianco scende a nascondere lo stesso. La corporatura è robusta e denota anche una certa rigidità d’assieme, quasi a voler rimarcare la natura ferma e ferrea dell’uomo, un individuo convinto della sua posizione di fronte ai suoi simili, quasi che la simulata fierezza possa far da scudo ad un pensiero interno che lo affascina e lo tormenta da sempre, fin da quando a quindici anni lasciò gli studi scolastici per iniziare un percorso privato di apprendimento secondo la sua tesi di atea libertà di pensiero e di azione, come indirizzato dal cugino David Levi, figura di qualche rilievo nel panorama risorgimentale, che indusse il giovane Cesare a deviare dalla dottrina rigida e chiusa del padre Aronne, di origine ebrea sefardita, ovvero un antico nucleo israelita ispanico che la "Reconquista” obbligò ad allontanarsi dalla penisola iberica a causa dei rapporti benevoli di questi, verso gli invasori arabi che cercarono dalla Spagna di penetrare in Europa, ma poi respinti.

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Era nato a Verona nel 1835, sotto l’Impero Austriaco da genitori ebrei, si laurea in Medicina a Pavia e dopo il servizio come medico militare è responsabile di Psichiatria ed Antropologia sempre a Pavia per poi divenire direttore del manicomio di Pesaro e ordinario di medicina legale presso il carcere di Torino.

Non mi dilungo sulla biografia del Lombroso che molti conoscono e non ha nulla di diverso da molti medici ed appassionati di scienza che, pur giovanissimi bruciarono le tappe della loro carriera per arrivare al più presto al crocevia delle loro ambizioni, ne l’articolo che sto vergando deve suonare come condanna o stigmatizzazione di questo uomo di scienza e cultura che la storia ci tramanda come persona di grande intelligenza, munito di quella tenacia e lungimiranza che pur percorrendo strade travagliate e tortuose della medicina, rimane a tutti gli effetti un simbolo di un’epoca, la seconda metà dell’800, dove tutto stava cambiando e quindi a tutto si doveva trovare l’apposita ed opportuna giustificazione.

E’ doveroso quindi tracciare un breve tratto di storia politico-militare e  sociale vissuto dal nostro Paese in un periodo dove tutta l’Europa stava attuando nuove strategie per espandere il proprio potere economico in un contesto conosciuto come colonizzazione, alla quale l’Italia non era ancora preparata a causa della sua frammentazione politico territoriale.

Lombroso, medico militare al seguito del Regio Esecito nella Campagna contro il brigantaggio

Mi colpisce di Lombroso, a differenza di tanti suoi colleghi esercitanti la tranquilla professione medica nei luoghi in cui abitavano, la partecipazione come medico militare al seguito delle truppe del Regio Esercito nella campagna contro il brigantaggio meridionale che, a partire dal 1861 e per quasi un decennio, fu una vera e propia guerra civile tra fratelli che l’iconografia risorgimentale amava solennemente ricordare come l’unione di un popolo fortemente voluta da tutti gli italiani di tutti i ceti: nulla di più sbagliato perchè la storia, purtroppo, si scrive spesso e volentieri con il sangue e non come si dovrebbe con il solo inchiostro, ed in quegli anni il sangue era di quei tanti italiani che non capivano il perchè di una guerra e di una occupazione voluta da un ristretto numero di persone, ovvero l’elite politico ed economica del tempo. Il resto è prosa.

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Garibaldi e I Mille

Ancora oggi a 160 anni dall’Unità d’Italia, non è ancora chiaro chi sponsorizzò Garibaldi a tentare, con una operazione a dir poco pazzesca, l’occupazione della Sicilia con mille uomini male armati e poco preparati militarmente. Chi pagò le imbarcazioni della compagnia marittima Rubattino, che portarono le camicie rosse a Marsala e chi convinse migliaia di picciotti isolani ad unirsi ad un gruppo  di lombardi (i piemontesi in divisa rossa erano molto pochi in quanto questi erano  arruolati nell’esercito Sardo al servizio del loro Re e nulla avevano da spartire, compresa la disciplina, con i garibaldini) e come mai lo stesso eroe dei due mondi, appena arrivato in Sicilia, fu ritratto a cavallo di un destriero bianco, proprietà di un latifondista dell’alta borghesia locale che nulla aveva a che vedere con gli ideali socialisti del Beppe Nazionale, ma molto più probabilmente avvezzo a controllare quel tratto di territorio con le stesse modalità mafiose di cui conosciamo ormai i tratti principali, riproducendo in albumina l’immagine fotografica più famosa di Garibaldi nella campagna del sud partita da Quarto al comando di questo strano generale, ottimo stratega e grandissimo sponsor di stesso.

Misteri irrisolti, come quello che vide protagonista il tesoriere ed amministratore di questa strana armata, quell’Ippolito Nievo che partito da Palermo per raggiungere via mare Napoli in nave, per portare nella vecchia capitale del Regno delle due Sicilie tutta la documentazione  amministrativa riguardante la spedizione garibaldina, che anche il governo Cavour aveva richiesto a gran voce per vederci chiaro, perì in una tempesta scoppiata improvvisamente in mare aperto, tanto che la nave che trasportava le prove e le testimonianze scritte sull’avventura delle camicie rosse finì negli abissi marini, ivi compreso tutto l’equipaggio. Non ci fu nessuna inchiesta, nessuno si chiese se in quel tratto di mare incrociassero navi da guerra inglesi o di altre bandiere amiche: nulla.

La corsa alla colonizzazione dell'Africa stava per iniziare

Erano gli anni in cui si stava costruendo il Canale di Suez con franchi francesi e l’Egitto non sapeva ancora che da lì a poco sarebbe iniziata la corsa alla colonizzazione dell’Africa prima e, a canale concluso, di una grande fetta di territorio asiatico: all’Inghilterra ed alla Massoneria britannica, la cosa non piaceva, non certo per etica, ma semplicemente perchè ambivano ad una fetta, non certo piccola, dell’enorme affare economico che si stava preparando alle loro spalle. Ed il leone inglese reagì cercando per prima cosa di garantirsi un amico fidato che potesse controllare quei mari che circondavano l’Italia e che erano la porta principale verso il canale di Suez che, di lì a qualche anno passò sotto il controllo della corona britannica. Questo amico si materializzò quindi nel Regno di Sardegna che doveva unire in un solo Stato lo stivale italico ed avere quindi il totale controllo delle sue coste marittime lunghe circa 8.000 km. 

Stavano arrivando  gli anni in cui si doveva provare e quindi giustificare la supremazia bianca ai danni di tutte quelle popolazioni di colore diverso che avrebbero subito le atrocità di quell’Europa moderna ed acculturata, ricca ma esausta di materie prime, che stanca di secoli di guerre interne, stava portando le stesse nel cuore delle popolazioni africane ed asiatiche, che mai prima di allora avrebbero visto tanta atrocità.

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La nascita del Darwinismo

Stava nascendo il Darwinismo, le teorie sull’evoluzione della specie, dai primati all’uomo, basata sulla lotta per la sopravvivenza dove il più forte vince ed il più debole deve soccombere, teoria che accompagna quindi l’uomo nel suo percorso sinistro ed imprevedibile ma inevitabile.

Rinasce il positivismo, teoria nata in Francia sull’onda delle schegge rivoluzionarie, che vede l’affermarsi la ragione della scienza accompagnata dal progresso illuminista che tanto piace alla nuova classe borghese imprenditoriale ed industriale che si sta affermando sempre di più in un mondo meno agricolo e più industrializzato, più veloce nel produrre e meno incline al valutare le condizioni di vita che cambiano in funzione di società civili che nascono ai margini delle città formando i primi ghetti lavorativi, abitati prevalentemente da persone sfruttate e senza diritti.

Forse Garibaldi non sapeva di far parte di questo grande progetto massonico ed ignorava quindi che il banco di prova di quello scontro tra razze che di lì a poco avrebbe coinvolto tutti i continenti, grazie anche al canale di Suez, sarebbe scoppiato anche nella nostra penisola.

Sapeva benissimo da che parte arrivavano i danari per la sua avventura, vale a dire l’Inghilterra, la stessa d’altronde che si occupò di proteggere con la sua flotta la marina Sarda comandata dall’ammiraglio Persano mentre bombardava la fortezza di Gaeta, ultimo baluardo borbonico del Re Ferdinando e la moglie Sofia di Baviera, l’ultimo atto bellico che sancì la fine del Regno Borbonico del sud.

Le teorie "scientifiche" o psudo tali di Lombroso

E’ in questo periodo che Lombroso, al seguito delle truppe al comando di Cialdini, che si occupa di estirpare la piaga del brigantaggio meridionale, esercita la professione di medico e nello stesso tempo opera sul campo studiando le popolazioni autoctone con lo sguardo di chi ha assimilato da tempo le teorie precedentemente descritte ed inizia a farsi largo nelle sua mente l’ipotesi secondo la quale, in base alla struttura morfologica dell’individuo, si possa desumere da essa , se lo stesso è un soggetto incline al crimine oppure no.

Oggi potrebbe totalmente essere giudicato un atteggiamento razzista, ma all’epoca dei fatti la razza era vista come una scala di valori estetici che contemplava la diversità come indice di indiscutibile minorità in una società dominata dai bianchi, se poi anche questi, come indicava il Lombroso, avevano certe caratteristiche antropologiche, tanto bastava per renderli a tutti gli effetti dei criminali.

Strano che questa teoria fosse avanzata da un ebreo, anche se Lombroso si premurò di far sapere a tutti di essere ateo ,tanto che con lo sguardo rivolto ad un non lontano passato, possiamo intravedere analogie di pensiero simili a quelle che caratterizzarono la Germania nazista a partire dagli anni '30 del 1900, dove  tutti gli ebrei venivano raffigurati dalla stampa di regime, brutti e quindi cattivi, con le sconvolgenti e devastanti conseguenze che sappiamo.

Fisiognomica è il nome della materia che Lombroso usò per catalogare il genere umano distinguendo il criminale per natura dal resto della popolazione, un verdetto basato sull’aspetto esteriore dell’individuo.

Secondo la sua teoria, criminali si nasce, ed il primo a farne le spese fu un ladro di nome Villella, morto a 69 anni sul quale il medico veronese riscontrò la fusione congenita dell’osso occipitale con l’atlante che con altre anomalie ossee del cranio, lo portò a considerare che tali malformazioni potessero influenzare l’attività del cervelletto e quindi ecco provato il fatto che il povero Villella, da quel momento diventa il prototipo del delinquente.

Il determinismo, altra parola di moda nel mondo scientifico del tempo, esclude qualsiasi forma di casualità in ogni tipo di evento, quindi alla base di una specifica azione esiste sempre un motivo scatenante e nel caso di Lombroso è evidente la sua completa assuefazione alla  teoria che vede nei primati la presenza della fossa mediana, che se presente nell’uomo, determina la prova che il soggetto è in modo inequivoco un delinquente.

Questa teoria fu applicata ad un omicida ed antropofago, il contadino Vincenzo Verzeni, al quale Lombroso addebitò una mancata evoluzione ossea del cranio e quindi la convinzione atavica che tale mancato sviluppo osseo fosse all’origine dell’agire dell’assassino indipendentemente dalla volontà del medesimo.

museo lombroso

Cesare Lombroso cerca quindi di dare un senso ai suoi studi che vertono a questo punto sul fattore antropologico da ricercare nel profilo criminale dei soggetti

Pur avendo studiato attentamente patologie come il cretinismo e la pellagra, molto presenti nella società rurale dell’Italia della seconda metà del 1800, causata nel primo caso da disfunzione tiroidea dovuta principalmente ad una carenza di iodio nella dieta alimentare mentre nel secondo caso, la causa va invece ricercata nell’abitudine, molto diffusa, per necessità nelle campagne del nord, di alimentarsi di sola polenta, privando quindi l’organismo di vitamina B presente nei prodotti freschi e cereali, il Lombroso mai analizza il contesto economico e sociale dove la carestia e la penuria di mezzi, obbliga gran parte della popolazione ad ammalarsi ed a tentare quindi di sopravvivere in condizioni estreme, fattore questo, che involontariamente avvia sulla strada del crimine molti soggetti che non hanno di che nutrirsi.

Putroppo in molti casi, le teorie di Lombroso verranno applicate come metodi di diagnosi nei molti manicomi italiani ed ancora oggi, come recentemente raccontato in un esaustivo testo dalla storica e scrittrice Bruna Bertolo che racconta le vicissitudini patite da molte donne internate in queste tristi strutture, si evidenziano negli archivi storici di queste strutture ,le tracce scritte di referti che riportano evidenti tracce del modo di pensare e quindi operare dello scienziato veronese.

Come si procurò i tanti teschi che oggi sono presenti nel museo da lui fondato a Torino, resta ancora oggi un mistero, anche se per stessa ammissione del medico ,molti di essi furono recuperati durante il suo servizio nel corpo sanitario militare, quindi anche in modo illecito, e se il luogo ha un fascino del tutto particolare, come del resto può essere motivato dalla stravaganza dei reperti, resta da sempre aperto il dibattito se tali resti umani debbano rimanere privi di sepoltura.

Il cranio dello stesso Villella venne usato come fermacarte dallo stesso Lombroso sulla sua scrivania personale e questo non ha nulla a che vedere con la scienza e la ricerca.

Il museo di antropologia criminale che porta il suo nome, e che il comune visitatore vede come un italico ed approssimativo American Museum di Taylor Barnum, triste carosello nello stato di New York  della fine del 1800, dove soggetti con gravi malformazioni fisiche venivano per pochi centesimi esposti al pubblico, fu fondato dal Lombroso nel 1889  a  Torino ed è principalmente una serie di orrori raccolti su teorie errate, aperto malgrado, sette anni prima, nel 1882 lo stesso pseudo scienziato fosse stato radiato dalla Società di Antropologia ed Etnologia

Se tale luogo può avere diritto di esistere per dimostrare l’imperfezione del genio umano applicato alla scienza, questo può essere un motivo valido per continuare ad essere come esempio educativo per le nuove generazioni, raccontando tutta la verità, a patto però che si dia  degna sepoltura a quei poveri resti umani che ancora oggi sono conservati in questo museo, compreso lo scheletro dello stesso Lombroso che per sua stessa volontà donò al museo da lui fondato, per evitare se non altro, di esssere studiato con i suoi stessi metodi e magari scoprire che anche lui avesse i caratteri morfologici di un comune criminale.

 

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