Gio, 14 Nov, 2024

La lezione di Adelmo Cervi: la guerra è sempre sbagliata. Ci vuole una società più giusta ed equa

La lezione di Adelmo Cervi: la guerra è sempre sbagliata. Ci vuole una società più giusta ed equa

Aveva solo quattro mesi Adelmo Cervi, figlio di Aldo Cervi e Verina Castagnetti, quando il suo papà fu fucilato dai fascisti insieme agli zii Gelindo, Antenore, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore e a Quarto Camurri, loro compagno di lotta quel 28 dicembre 1943 al Poligono di Tiro di Reggio Emilia. Una storia, quella di Adelmo e della sua famiglia che ha quasi il sapore della leggenda e che Adelmo martedì mattina 12 novembre ha raccontato agli
studenti delle scuole Don Milani, Lessona Succursale e Rigola. A loro ha consegnato la memoria di suo papà Aldo e dei suoi sei zii che si sono resi protagonisti con un coraggio non comune e grande spirito di sacrificio 
della Resistenza partigiana emiliana.

L’incontro per Adelmo è stata anche occasione per presentare il suo libro autoprodotto dal titolo “I miei sette padri. Storia di una grande famiglia antifascista raccontata da un figlio”. Identica cosa ha fatto in serata, ospite nella sede dell’Anpi, dove  ha incontrato la cittadinanza preceduta dalla tradizionale pastasciutta antifascista, tramandata proprio dalla sua famiglia.

Abbiamo incontrato Adelmo e lo abbiamo intervistato. Ecco come ha risposto alle nostre domande.

Com’è riuscito a realizzare il suo ultimo libro in cui racconta la storia di suo papà e dei suoi zii? In fondo lei aveva solo 4 mesi, quando sono accaduti i fatti di cui narra?

«Ho raccontato la storia attraverso i documenti di prigionia di mio padre, molti dei quali erano negli archivi. Poi mi porto dentro una storia fatta di ricordi tramandati e grazie anche alla collaborazione della penna di Giovanni Zucca, siamo riusciti a trascriverla mettendo insieme tutto il materiale».

Chi era Aldo Cervi?

«Mio papà era un cattolico convinto, in paese era segretario dell’Azione Giovani fascisti poi era entrato nell’esercito italiano ma a causa di una sentenza ingiusta era finito nel carcere di Gaeta. Qui, aveva cominciato a nutrire forti ideali antifascisti, e una volta uscito dal carcere aveva convinto di quegli ideali anche la sua famiglia. E' stato mio padre a fondare il primo gruppo partigiano dell’Emilia Romagna. L’intera famiglia era contadina e doveva portare avanti l’azienda agricola, loro davano lavoro ad altri contadini. Poi è andata come è andata, perché tutta la famiglia era solidale con i più poveri e con chi era stato messo in difficoltà dal fascismo».

Possiamo chiamare suo padre e i suoi zii con l'appellativo di eroi?

«Non mi piace questo termine. Erano semplici combattenti che hanno pagato con la vita per il loro ideale di libertà e di giustizia sociale. In molti hanno solo atteso che ci fossero i partigiani a risolvere la questione senza mai intervenire.
La mia famiglia era spinta dalla solidarietà verso i poveri. Tutti possono diventare combattenti delle ingiustizie, mentre la figura dell’eroe è solo idealizzata. Loro erano animati da voler cambiare il loro paese, liberarlo dalla dittatura e se fossero stati in tanti, mio padre non sarebbe morto».

Le donne che cita nel libro quale ruolo hanno avuto?

«Le donne spesso non vengono considerate ma hanno sofferto durante e dopo la guerra. Nel libro sono protagoniste la nonna Genoeffa e le mie zie che insieme hanno avuto un ruolo cruciale nella Resistenza e si sono fatte carico, dopo la morte di mio padre e dei suoi fratelli, di raccogliere le nostre vite in frantumi e darci nuove speranze».

Oggi si può ancora parlare di fascismo?

«Sì anche se in maniera diversa perché esiste chi inneggia al duce, chi fa la svastica e chi idolatra Mussolini. Il governo che abbiamo anche se è di destra non è fascista ma è capitalista. I segni? Nominano i propri uomini nelle cariche di governo o istituzionali a proprio comodo. Si creano diseguaglianze senza intervenire di fronte alle crisi economiche delle grandi aziende. Se si pensa alle guerre i governi che usano la violenza sono fascisti. Chi massacra i bambini e i malati negli ospedali è fascista e mi riferisco al governo israeliano».

Quale messaggio vuole lasciarci a tutti noi e alla società?

«Per avere un mondo di giustizia e di pace bisognerebbe fermare la spesa di milioni di dollari per gli armamenti. Tutte le guerre sono luogo di morte dei civili bisognerebbe impedirle. L’altro messaggio è rivolto a tutti i ragazzi. Devono parlare con i propri nonni per conoscere il passato. Devono conoscere la nostra Costituzione fondata sui principi di democrazia e partecipare al voto. Il governo e parlo di qualunque partito, poi, dovrebbe applicarli seriamente. Il nostro Paese è rinato dopo la Resistenza, ma ce ne siamo dimenticati. Siamo figli del nostro passato, ma le disuguaglianze esistono ancora. Dare più fondi ai privati come succede per la sanità o bloccare l'ascensore sociale non è giustizia».: basta guerre

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