«Ripartiamo dai valori dei 2 giugno. Inaccettabile dividersi ora»
Il due giugno del 1946, il popolo italiano veniva chiamato alle urne, per decidere attraverso un referendum, qualche forma istituzionale avrebbe dovuto avere il Paese: se mantenere la monarchia sabauda, complice del ventennio fascista e dell’entrata dell’Italia, a fianco della Germania di Hitler, nella seconda guerra mondiale, oppure scegliere la Repubblica, forma di governo su cui puntavano tutti i partiti antifascisti, dalla sinistra al partito d’azione, passando per le forze centriste.
I liberali, di antico retaggio sabaudo erano al contrario favorevoli al mantenimento dell’istituto monarchico. Le forze di destra non erano in campo, cioè non erano ancora politicamente riorganizzate, ma nessuno aveva la certezza che milioni di fascisti, preferissero al modello monarchico, consolidato e conosciuto, ad una forma repubblicana ancora in divenire, e magari dai vaghi contorni comunisti.
Infatti uno slogan molto famoso all’epoca, ripetuto in maniera ossessiva verso l’elettorato, era quello di non fare “Un salto nel buio”, dall’altra parte si rispondeva con lo stesso impeto: “O la repubblica o il caos”.
I risultati non erano poi così certi e scontati, se il nord del Paese, che aveva conosciuto il regime di Salò e provato la repressione nazifascista, era largamente a favore della Repubblica, il centro sud, manifestava ancora notevoli simpatie verso la monarchia, ed in particolare nei confronti della famiglia sabauda, nonostante essa fosse stata fortemente compromessa e coinvolta con il Fascismo.
Non fu certo un caso che alla fine, seppur tardivamente, il vecchio re Vittorio Emanuele III abdicò a favore del figlio Umberto, una mossa, imposta dalle formazioni monarchiche, per cercare nuove simpatie, sì di un Savoia forse meno responsabile rispetto al padre, nella condotta della guerra.
Certamente avrebbe fatto più presa sul popolo, la giovane moglie Maria Josè, apertamente antifascista, affascinante, carismatica, amica e protettrice di tanti famosi intellettuali dell’epoca, a partire da Benedetto Croce.
In lei si percepiva il modello delle monarchie del nord Europa: riformiste, costituzionali. Come il Belgio il suo Paese d’origine.
Anzi, c’era chi addirittura teorizzava il passaggio al trono direttamente al piccolo Vittorio Emanuele IV Principe di Napoli, con la reggenza materna.
Ipotesi, utopie, in quella primavera del 1946 si giocarono molte carte. Non sempre vincenti. Gli americani avrebbero preferito una repubblica, possibilmente non troppo di stampo socialista. La Chiesa cattolica era divisa. Come ciò che restava del Regio Esercito, mentre i Carabinieri per storia e tradizioni erano fedeli al re.
Se avesse vinto la monarchia, magari di poco, cosa sarebbe accaduto?. Inoltre a molti soldati, ancora prigionieri i guerra, non fu permesso di votare.
La città di Trieste era fuori dal referendum, come le province dell’Alto Adige.
Fu la prima volta di una consultazione politica di carattere nazionale, dopo molti anni di dittatura. Al contrario di quanto temevano gli osservatori esterni, gli italiani andarono a votare, in maniera massiccia oltre l'89,08% degli allora 28 005 449 elettori che avevano diritto al voto.
Complessivamente 13 milioni di donne e circa 12 milioni di uomini. E’ sbagliato però dire che fu la prima volta in cui le donne andarono al voto. Alcuni mesi prima, in diversi Comuni, le donne erano già state chiamate alle urne.
Fu una campagna dura. Le ferite lasciate dalla guerra, ancora aperte e profonde. Ma sostanzialmente gli italiani andarono a votare, convinti dell’importanza del momento.
E scelsero la Repubblica. I risultati furono proclamati dalla Corte di Cassazione, il 10 giugno 1946: 12 717 923 cittadini favorevoli alla repubblica 10 719 284 cittadini favorevoli alla monarchia
Inevitabilmente ci furono contestazioni e tumulti da parte monarchica. Si era ad un passo dalla guerra civile.
Ma l’ormai ex re Umberto II, senza attendere i risultati definitivi, lasciò volontariamente il Paese, 11 giorni dopo il voto, scegliendo l’esilio in Portogallo a Cascais. Mentre l’aereo decollava da Ciampino, la bandiera con lo scudo sabaudo veniva ammainata dal pennone più alto del Quirinale.
Era nata la Repubblica Italiana. Da allora, ogni 2 giugno, si ricorda quell’importante momento per la storia del nostro Paese e per la nostra democrazia.