Lun, 6 Mag, 2024

La Regina Margherita, la più grande "influencer" della Belle Époque e delle grandi esposizioni del XX° secolo

La Regina Margherita, la più grande "influencer" della Belle Époque e delle grandi esposizioni del XX° secolo

Fu la prima a capire e valorizzare ante litteram, il valore e l'importanza del "made in Italy"

Il periodo s'intende spesso dalla fine della guerra franco-prussiana del 1870 all'inizio della I guerra mondiale, durante la quale si è svolta la IV Guerra d'indipendenza italiana per il completamento del'unità del Regno d'Italia.
Pur facendo riferimento soprattutto a Parigi, questo quasi mezzo secolo riguarda l'Europa occidentale, ma anche gli Usa (la cosiddetta Gilded Age, "età dorata") e il Messico (il "Porfiriato"); in Italia coincise con la creazione
di Roma Capitale con Vittorio Emanuele II, con l'età umbertina (1878- 1900) e poi con l'età giolittiana (1903-1914), mentre in Gran Bretagna con l'ultima parte dell'età vittoriana e con l'età edoardiana.

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Se la Belle Époque è ricordata per il transatlantico Titanic è anche caratterizzata dalle esposizioni universali, dalle invenzioni, dai progressi sanitari, tecnologici e scientifici: l'illuminazione elettrica, la radio, l'automobile, il cinema, la pastorizzazione alimentare, i primi viaggi accessibili al pubblico, l'estensione della rete ferroviaria, lo sviluppo dell'automobile e altri miglioramenti delle condizioni di vita. Fu un periodo di pace e relativa prosperità, con la riduzione della mortalità infantile, la crescita demografica, un forte aumento della produzione industriale e del commercio.

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L'arte prende nuove forme con l'impressionismo, il preraffaelismo, il simbolismo e l'Art Nouveau; si creano i grandi magazzini e nuovi caffè, si democraticizzano gli spettacoli, si creano le prime Olimpiadi moderne, ci sono le lotte degli operai e lo sviluppo dell'economia di mercato, con la vendita a domicilio e la vendita per corrispondenza, il pagamento rateale, la pubblicità sempre più presente sui muri e nei giornali.

Il Regno d'Italia si forma nella società e conosce importanti progressi, i giornali si diffondono maggiormente, le regioni si sviluppano e si modernizzano, l'alfabetizzazione progredisce velocemente, il sentimento nazionale è sempre più forte, Vittorio Emanuele III abbandona la Triplice alleanza con Austria e Germania in favore di nuove relazioni e scambi commerciali con Francia, Gran Bretagna e Russia. In Casa Savoia nel 1904 nasce le prince charmant Umberto, in mezzo a quattro principessine, la successione dinastica è assicurata ed il Regno d'Italia sceglie le legislazioni sociali, modernizza l'amministrazione, la giustizia e l'agricoltura e festeggia i suoi primi 50 anni proprio alla vigilia della fine della Belle Époque.

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L’Europa è in fermento, molti anni sono passati ormai da quando le armi hanno smesso di sparare sul vecchio continente, la modernizzazione ha preso il sopravvento sul mondo antico rurale che ancora resiste, ma inevitabilmente è destinato al declino, almeno in quelle enclave di contadini che mandano avanti le loro piccole fattorie lontane dai grandi centri urbani. Le piccole fabbriche, le officine, le minuscole manifatture si preparano al grande balzo verso un modello industriale che vedrà Torino protagonista.

L’Italia ha trovato la sua “influencer” più attiva e credibile nella figura della Regina Margherita; se fino al 29 luglio1900 è stata la compagna ideale di Umberto, che provava a governare a fatica l’eredità morale e politica lasciatagli dal primo re d’Italia, costituito da un Paese giovane ed ancora acerbo nell’affrontare i primi passi verso una totale unione di intenti, il giorno dopo l’assassinio del marito sarà chiamata al lavoro, non meno arduo, di riannodare le fila scompigliate di una società civile che in quel mattino del 30 luglio, si sveglia senza più un capo politico e militare, con la consapevolezza che anche solo pochi sovversivi possono decidere il destino di una Nazione che fino ad allora aveva retto le conseguenze di un “Risorgimento” italiano che aveva unito le terre, ma non ancora le genti, un azzardo politico\militare che una piccola cerchia di intellettuali e massoni aveva giocato sul piatto di una pericolosa roulette, dove la posta era il consenso di un popolo che non era stato avvisato di quanto stesse accadendo, quindi ora più che mai, indeciso sul da farsi.
La monarchia è compatta, la famiglia reale anche, in Casa Savoia tutti stanno al loro posto, se mai le piccole beghe tipiche di ogni famiglia, davanti al dramma di quei giorni, scompaiono improvvisamente e saranno accantonate, se mai ci fossero state.

Alla fine della prima settimana di agosto, Vittorio Emanuele III salirà al trono, deciso fin dal primo istante del fatto che il governo debba cambiare rotta, ma per far questo è lui che deve dare il buon esempio, quindi stravolge totalmente usi, costumi e consuetudini nella vita a corte; è forte di carattere e non guarda in faccia a nessuno, quindi instaura un clima di sobrietà di cui lui è cultore per natura, ma anche per determinati principi legati alla ultracentenaria dinastia da cui proviene. Gli italiani hanno trovato una buona guida in quel momento, ma non tutti lo sanno; non conoscono questo piccolo uomo dalle mille risorse, nè potrebbero perchè fino all’età di 31 anni è stato un passo indietro al padre, la fiducia deve conquistarsela in un momento in cui la crisi economica morde, centinaia di migliaia di italiani lasciano la loro terra in cerca di fortuna negli angoli più sperduti del mondo, la credibilità militare è crollata dopo le sconfitte in Africa e la politica è circondata da diffidenza e sfiducia, causate dalle tante inchieste di corruzione che si accavallano negli uffici dei tribunali, diretta conseguenza dello scandalo della Banca Romana.

È in quel momento che gli italiani si stringono attorno all’unica persona che in quel caso gode della loro piena fiducia: La Regina Madre Margherita. Tutti sanno e comprendono bene che la grandezza del suo carisma può molto in questa situazione, quindi anche se da “un passo dietro al figlio re”, sarà lei la guida morale di quest’Italia, all’alba del XX° secolo. Questa fiducia nasce dal profondo dei cuori e dei sentimenti di tutte quelle persone che negli anni hanno visto Margherita ergersi a paladina di tutto quello che poteva rappresentare all’estero l’Italia: prodotti manifatturieri, agricoli, culinari, usi, costumi, tradizioni e cultura, arte e antico passato.
La storia, in particolare quella di Casa Savoia, era vista dalla medesima, la fonte ispiratrice per novelle imprese e l’emblema al quale si dovevano ispirare le nuove generazioni.

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La sua Arme recava il doppio simbolo di Savoia, in quanto aveva sposato il cugino Umberto, quindi la doppia croce bianca su sfondo rosso era l’emblema da lei scelto e portato con orgoglio, ma anche con coraggio. Definì l’assassinio di Umberto “il delitto più grande del secolo”, facendo nascere il mito del “Re buono” e lo fece in modo naturale, senza calcoli di sorta, ma semplicemente perchè, sentendosi tradita dalla sua stessa gente, si aggrappava ora a quegl’ideali di unità e fratellanza puri, che avevano rappresentato la base morale sulla quale costruire una Nazione .
Il mito di questa donna nasce fin dal primo momento in cui fa le sue apparizioni in pubblico: elegante ma mai eccessivamente sfarzosa, a parte gli ultimi anni “umbertini” caratterizzati dalle lunghe collane di perle che le cingevano il collo. È attraente senza essere bellissima, colta il giusto per poter intrattenere discorsi con studiosi e letterati, nei circoli e salotti mondani dove gli intellettuali dell’epoca intrattenevano rapporti con la politica che conta. Porta sempre abiti lunghi per nascondere le gambe corte, difetto che si evidenzierà drammaticamente nell’unico figlio avuto da Umberto.

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Non ha il collo sinuoso e lungo di un cigno, come l’Imperatrice di Francia Eugenia o Elisabetta d’Austria, non ha le fatate manine principesche di cui il Nigra era profondo estimatore, vantandosi di saper riconoscere tutto di una galante nobildonna nell’attimo in cui bacia il dorso della sua mano protesa al saluto verso quest’uomo che ha varcato le porte di tutte le ambasciate del mondo, profondo conoscitore di mille segreti di altrettanti corti reali, quasi tutti carpiti e condivisi con fanciulle affascinanti ed intelligenti; la prima fu sicuramente la più importante per le sorti militari del Piemonte nella campagna del 1859, quella Contessa Virginia Oldoini Verasis di Castiglione, un agente segreto in gonnella ai comandi del cugino Camillo Cavour, il quale approfittò della sua bellezza per i suoi fini politici, con disarmante spregiudicatezza, malgrado la giovane età.
Lei non ha certamente bisogno di questi espedienti per far breccia nel cuore degli uomini, forse perchè attratti dal suo gesto regale, dalle movenze controllate, sempre sul pezzo, mai distratta, da sempre abituata a comportarsi come la “compagna del re”, fin da quando, ancora molto giovane, lo zio Vittorio Emanuele re di Sardegna, vedovo di Maria Adelaide scomparsa all’età di 32 anni, chiedeva di accompagnarlo nelle cerimonie ufficiali.
Margherita era nata per fare la regina, instradata solo per essere tale e, tale fu fino alla fine.

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Il pregio più grande era quello di attrarre la fiducia e l’attenzione delle classi più povere; se da una parte Umberto era visto come il tipico monarca poco attento alle casse ed ai bilanci familiari, quindi criticato per i tanti danari spesi in feste, ricevimenti, allevamento di cavalli purosangue e qualche immancabile amante, Margherita era invece vista come la perfetta donna di casa, la vigilessa di un incrocio di strade e sentieri dove poter far transitare tutti, ricchi e poveri; la sua forza interiore era riuscire a far capire che era il popolo a rappresentare lei, mettendo per primi anche gli ultimi, quelle persone che mai avrebbero avuto visibilità tra i loro simili ma che partecipavano con il loro vivere quotidiano, la loro lealtà, onestà e correttezza alla credibilità di una donna di cui avevano un profondo rispetto. Questo rispetto era ricambiato da Margherita in tanti modi, ma sicuramente il più amato, era quello di propagandare al meglio tutto quanto gli italiani erano in grado di produrre, sia nei campi che nelle officine, nei laboratori come nelle botteghe, quindi, facilitando l’esportazione di questi in tutto il mondo, facendo nascere il mito del prodotto italiano ovunque.

Il ruolo che si era tagliato a misura Margherita per servire da questo punto di vista il popolo, era esemplificato al massimo durante le numerose esposizioni nazionali ed internazionali che dalla metà’ del XIX° secolo iniziarono ad essere allestite in Europa; fin da subito Margherita si impegna per cercare, lei stessa, le “eccellenze” meritevoli di essere presentate in queste grandi vetrine commerciali, al punto di costituire, in seno al suo entourage privato di dame e cavalieri di compagnia, vere e propri gruppi di ricerca per setacciare aziende piccole e grandi, di ogni genere ed attività, per poter testare i loro prodotti, classificarli, elencarli, per poi proporli in questi grandiosi teatri espositivi.

Furono tante le occasioni in cui Margherita si adoperò per cercare di valorizzare il “made in Italy” come si direbbe oggi, anche dal punto di vista delle esposizioni d’arte e moda, ma le attenzioni maggiori le riversò sulle esposizioni nazionali; lì tutti dovevano far bella figura, in ambienti sapientemente preparati per ricevere il pubblico e scenograficamente imponenti per impressionare benevolmente il visitatore.
Uno sforzo immane da questo punto di vista, rimane quello dell’allestimento dei padiglioni torinesi dove nel 1884 si svolse l’Esposizione Italiana.

Osservati attentamente oggi sulle riviste specializzate dell’epoca, questi capolavori di arte e tecnica sembrano quasi delle fantasie grafiche in cui i più abili artisti di quel tempo, facevano a gara per inventarsi luoghi immaginari dove poter sfogare la loro abilità figurativa; invece erano veri! Padiglioni grandi, architettonicamente sontuosi, nati per meravigliare, ma anche per accogliere materialmente quanti più espositori e visitatori potevano contenere, coniugando eleganza e arte lavorativa dell’umile artigiana bottega.

Margherita, di nascosto, in disparte, ma presente sempre con molto anticipo nel raccomandare ai professionisti impegnati nelle costruzioni di questi ambienti la massima attenzione, vigilava e nello stesso tempo invitava a rappresentare commercialmente negli stessi spazi espositivi, tutti coloro che avevano desiderio di far conoscere le loro attività ed i prodotti finali. Si era instaurato da tempo, un legame profondo con la parte produttiva del Paese, una cosa che nessuna istituzione statale era mai stata capace di fare, nè di pensare, perchè all’epoca le diversità tra le classi sociali erano ancora molto profonde e non tutti quei nomi che avrebbero nel tempo dato lustro e prestigio commerciale al nostro Paese erano di ceto nobile, quindi con evidenti svantaggi alla partenza. Classici sono gli esempi di grandi nomi dell’industria alimentare odierna come le famiglie Lavazza nel caffè o Cirio nel conserviero, in origine poverissime e nate dopo l’Unità d’Italia a Torino.

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Questa donna ebbe il pregio di riconoscere a queste persone il “diritto di provarci”, per se stessi e l’Italia, quindi possiamo oggi dar ragione ai meriti di una sovrana che prima di essere regina fu moglie, madre e madrina di
molte realtà produttive di questo nostro grande e strano stivale.

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Schedina Calvo

 

 

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