Proprio con Levi fu autore del "Rapporto sulla organizzazione igienico-sanitaria del campo di concentramento per Ebrei di Monowitz"
Oggi, 27 gennaio, come ogni anno si celebra il Giorno della Memoria. Mi piace ricordare allora la figura di un Medico di Famiglia, il dottor Leonardo Debenedetti, nato a Torino e con ambulatorio a Rivoli (TO). Di origine ebraica, nel 1938 fu costretto dalle leggi razziali ad abbandonare la sua professione e nel 1944, insieme alla moglie Jolanda, fu trasferito nel campo di concentramento di Auschwitz, dove Jolanda morirà.
Nel 1945, sopravvissuto a 11 mesi di campo, dopo infinite sofferenze, viene liberato ed insieme a Primo Levi inizia un lungo e complicato viaggio di ritorno a Torino, dove, nonostante tutto l’accaduto, riprenderà l’esercizio della professione medica, prima a Rivoli, poi in corso Re Umberto 61 a Torino.
Questo è il ricordo di Primo Levi dalle pagine del quotidiano La Stampa del 21 ottobre 1983 «Siamo stati liberati insieme; insieme abbiamo percorso migliaia di chilometri in terre lontane, ed anche in questo viaggio interminabile ed inspiegabile la sua figura gentile ed indomabile, la sua contagiosa capacità di speranza, ed il suo zelo di medico senza medicine sono stati preziosi non solo a noi pochissimi reduci da Auschwitz, ma ad un migliaio di altri italiani, uomini e donne, sulla dubbia via di ritorno dall’esilio».
Levi fece di Leonardo Debenedetti uno dei personaggi de "La Tregua" e gli dedicò anche due scritti, uno intitolato “Ricordo di un uomo buono” e l’altro intitolato semplicemente "Leonardo De Benedetti".
De Benedetti fu autore con Primo Levi del "Rapporto sulla organizzazione igienico-sanitaria del campo di concentramento per Ebrei di Monowitz", scritto nel 1945 subito dopo la liberazione dal Lager di Auschwitz-Monowitz e poi pubblicato nel 1946 sulla rivista specialistica "Minerva medica" la cui copia del dattiloscritto è conservata nell’archivio dell’Istituto Piemontese per la storia della Resistenza di Torino.
Il dottor Debenedetti nonostante le indicibili sofferenze patite, ha saputo conservare la fiducia nell’umanità e ha voluto spendere, così prima come dopo la tragedia, la sua vita al servizio del prossimo
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