È un grido d’allarme quello lanciato dalla Cia Agricoltori Italiani, che ha preso parte – unica rappresentante del mondo agricolo – alla seduta congiunta delle Commissioni regionali Agricoltura e Ambiente per discutere della controversa legge nazionale, entrata in vigore da qualche giorno, che vieta la lavorazione, la distribuzione e la vendita delle infiorescenze di canapa coltivata e dei suoi derivati.
«Questo provvedimento getta nell’incertezza un intero comparto agricolo – denuncia il presidente regionale di Cia Piemonte, Gabriele Carenini – come se la canapa fosse sinonimo di droga. Si dimentica che parliamo di un settore che oggi conta oltre 23 mila occupati e genera un impatto economico di quasi due miliardi di euro l’anno, diretto e indiretto. E tutto questo grazie a filiere riconosciute e consolidate in Europa: dalla cosmesi all’erboristeria, dalla bioedilizia al florovivaismo».
Un comparto in pieno sviluppo anche in Piemonte, dove le coltivazioni a cielo aperto superano i settanta ettari, senza contare le produzioni in serra e indoor, non rilevate ufficialmente. Un settore che rischia ora la paralisi, come ha sottolineato il direttore provinciale della Cia Agricoltori delle Alpi, Luigi Andreis: «L’infiorescenza rappresenta la quasi totalità del business. Questa legge non è chiara, non distingue ciò che è illecito da ciò che è legittimo. Aziende solide si trovano davanti a un bivio drammatico: cessare l’attività o rischiare di operare nell’illegalità».
A portare una testimonianza concreta, in sede di Commissione, è stato Matteo Castelli, imprenditore agricolo alessandrino, che coltiva cinque ettari di canapa e impiega 25 lavoratori: la sua azienda è oggi in bilico. «Non è solo un problema occupazionale – ha ricordato Andreis – ma anche di competitività: la filiera della bioedilizia, ad esempio, è costretta a importare fibra dall’estero per aggirare le incertezze normative italiane».
La Cia Piemonte ha chiesto l’istituzione urgente di un tavolo regionale permanente per affrontare la questione e garantire un futuro alla canapa piemontese. Ma respinge con forza l’idea di una compensazione economica per i danni: «Gli agricoltori non vogliono la cassa integrazione – conclude Carenini – vogliono lavorare, come fanno i loro colleghi negli altri Paesi europei. Il Governo ha il dovere di fare chiarezza. E di farlo in fretta».
L’appello è chiaro: fermare una norma che rischia di spazzare via anni di investimenti, ricerca e lavoro. Il mondo agricolo chiede risposte. E le chiede subito.