Il Tar Piemonte boccia la “Stanza dell’Ascolto” al Sant’Anna. «Spazio illegittimo, viola la neutralità della sanità pubblica»

La “Stanza dell’Ascolto” all’ospedale ginecologico Sant’Anna di Torino – istituita il 9 settembre 2024 in virtù di una convenzione fra l’Azienda ospedaliera universitaria Città della Salute e associazioni Pro Vita – chiude definitivamente. Con una sentenza depositata il 2 luglio, il Tar Piemonte ha annullato l’accordo, accogliendo il ricorso di CGIL Torino-Piemonte e del comitato “Se non ora quando?”.
I motivi della decisione
Nel dispositivo i giudici sottolineano due profili di illegittimità. Contrasto con la legge 194/1978: lo statuto dell’associazione di volontariato dichiara come fine il “superamento” della normativa sull’interruzione volontaria di gravidanza, rendendola, di fatto, incompatibile con un’attività in ambito pubblico. Assenza di adeguata professionalità: l’Azienda non ha dimostrato che i volontari impiegati possedessero competenze certificate (mediche, psicologiche o sociali) per affiancare le pazienti in situazioni tanto delicate.
La sentenza sancisce che in strutture sanitarie pubbliche «devono operare solo figure professionalmente riconosciute, nel pieno rispetto della neutralità istituzionale».
Le reazioni politiche
Partito Democratico
«L’assessore Marrone avrebbe fatto bene a tacere e scusarsi invece di alimentare l’ennesima polemica – attacca Nadia Conticelli –. Il Tar ha stabilito che affidare uno spazio pubblico a soggetti che nel loro statuto contestano la 194 è incompatibile con la tutela costituzionale del diritto di scelta delle donne. Servono ginecologi, ostetriche, psicologhe e sessuologhe nei consultori, non prediche ideologiche».
Conticelli sollecita quindi la Giunta Cirio a reindirizzare i 2,5 milioni del “Fondo Vita Nascente” su contraccezione gratuita, riapertura dei consultori chiusi e percorsi di educazione sessuale «seri e continuativi».
Alleanza Verdi-Sinistra
Ancora più dura la nota congiunta di Alice Ravinale, Valentina Cera e Daniela Marro: «Il Tar chiude a doppia mandata la vergognosa stanza del giudizio voluta dalla destra. I movimenti anti-abortisti devono stare fuori dalle istituzioni: non si può concedere un locale ospedaliero a chi ha come missione il superamento della legge 194».
Le tre esponenti rivendicano «manifestazioni, presidi e interrogazioni» che hanno preceduto il ricorso e chiedono alla Regione di «smettere di sovvenzionare associazioni anti-abortiste» destinando invece le risorse «a professionisti sanitari nei reparti di IVG e nei consultori».
Maggioranza
Dal fronte di centrodestra interviene Alessandra Binzoni (Fratelli d’Italia), vicecapogruppo in Consiglio regionale: «Nella Stanza dell’Ascolto non si fanno sermoni, ma si offre alle donne che lo desiderano un’alternativa all’aborto. Il Tar non ha bocciato il servizio in sé: ha solo chiesto di integrare nella convenzione la verifica formale dei requisiti dei volontari. L’associazione dispone già delle professionalità richieste; la nuova convenzione le indicherà e il servizio potrà ripartire».
Oltre la sentenza: consultori sotto pressione
Secondo i dati dell’Osservatorio regionale (relazione 2024), in Piemonte il 36 % dei ginecologi è obiettore di coscienza, con punte del 50 % in alcune ASL. Nei consultori, 14 sedi su 87 registrano aperture ridotte per carenza di personale. Avvocati e attiviste segnalano che i tempi di accesso all’IVG possono superare i sette giorni di legge, specialmente nelle aree rurali.
Le associazioni promotrici del ricorso esultano per «una vittoria importante», ma avvertono: «Finché l’obiezione di coscienza resterà così alta e i consultori sotto-finanziati, il diritto sancito dalla 194 sarà di fatto ancora a ostacoli».
Prossime mosse
Il provvedimento del Tar è immediatamente esecutivo, ma l’Azienda ospedaliera può appellarsi al Consiglio di Stato entro 60 giorni. L’assessore regionale Maurizio Marrone ha già annunciato che «la Regione presenterà una nuova convenzione conforme ai rilievi dei giudici»: un’ipotesi che le opposizioni definiscono «inaccettabile ritirata strategica» e promettono di contrastare in Aula e nei tribunali.
Intanto, i sindacati chiedono un tavolo urgente con l’assessorato alla Sanità per ridisegnare l’organizzazione dei consultori e garantire piena applicazione della legge 194. La partita, insomma, è tutt’altro che chiusa, ma la sentenza piemontese ridisegna i confini fra libertà di coscienza dei singoli e neutralità degli spazi pubblici, riaffermando che in materia di diritti riproduttivi l’ultima parola spetta alle donne e alla legge.