Non è sempre vero che il voto preso alla maturità da un ragazzo o una ragazza, sia poi la sua carta d’identità per il percorso universitario. Ne è conferma la venariese Elisabetta Corà che nel 2019 si è diplomata al Liceo Scientifico "Juvarra" con votazione di 64/100, ma dal 15 novembre è dottoressa. Elisabetta ha, infatti, concluso brillantemnte il suo percorso triennale alla Facoltà di Infermieristica con il massimo dei voti: il tanto desiderato 110 con tanto di lode.
«È stata una grande soddisfazione - racconta Elisabetta - e l’ho vissuto come una forma di riscatto, perché durante il mio percorso scolastico diversi professori mi avevano detto che non avrei mai potuto frequentare l’Università.
Fin da bambina ho desiderato fare il medico, ma dopo la maturità, per 2 anni sono rimasta ferma, con il dubbio che magari lo studio non facesse per me. Così ho lavorato come commessa per prendermi una pausa di riflessione».
Per Elisabetta intraprendere questo percorso, significava sacrifici, ma anche prendersi cura a 360 gradi delle persone «ho scelto di fare il test d’ingresso a Infermieristica nel 2021, perché il mio carattere mi porta ad essere più empatica verso il paziente e le famiglie, tanto da stringere un rapporto che viene definito rapporto di cura. Il lavoro che svolge l’infermiere, avevo già notato, mi era più consono. Si è più a contatto con i pazienti e pronti all’ascolto. Alle volte diventa una fatica quando arrivi dopo 8 ore di ospedale e riprendi a studiare per sostenere gli esami, in più le ore di viaggio da pendolare. La mia laurea la dedico a mamma e papà per i loro sacrifici, spese comprese come il costo della benzina e un aiuto a ripetere le materie» confida Elisabetta che la sospirata laurea l'ha conseguita al San Luigi di Orbassano discutendo una tesi sul "ruolo dell’infermiere nell’identificazione precoce dell’esaurimento fisico ed emotivo nei car giver dei pazienti terminali". L’ultimo step di un percorso che ha compreso l’esame di stato, i tirocini nei diversi ospedali e alcune borse di studio Edisu.
«Non solo nei tre anni, ma anche per la mia tesi ho ricevuto una borsa di studio messa a disposizione dalla Fondazione Faro (che dal 1983 tutela il diritto dei pazienti alle cure palliative ndr) - prosegue - L'argomento che ho scelto per la mia tesi di laurea è infatti legato proprio al lavoro e sostegno della Faro. Dopo alcuni tirocini nei reparti dei malati terminali, ho voluto approfondire il ruolo dell’infermiere a contatto con un paziente a fine vita, a casa propria. Un ruolo fondamentale perché l'operatore sanitario in questione non solo si occupa del paziente, ma accompagna anche i familiari e li aiuta a non cadere nella trappola del burnout, l’esaurimento fisico e psichico e quel senso di sopraffazione che si raggiunge nel momento in cui un familiare è gravemente malato ed è assistito al proprio domicilio. L’infermiere si fa carico di offrire sostegno non solo sanitario, ma anche emotivo».
Sogni per il futuro?
«Vorrei continuare a studiare. Magari frequentare un master di specializzazione. Mi auguro che le persone capiscano quanto sia importante la figura dell’infermiere e dei medici e la mia volontà di essere al servizio delle persone supera la paura di ricevere minacce in corsia o insulti. Verso dicembre comincerò a lavorare per il San Luigi di Orbassano» conclude Elisabetta che, al telefono, non nasconde la sua gioia e il desiderio di riprendere il lavoro, dopo avere festeggiato con tutti i suoi amici e familiari questo importante traguardo della sua giovane vita.