Mentre nei campi del Torinese si avvia la stagione dei raccolti, con uva, frutta, nocciole e carni pregiate pronte per il mercato, l’incertezza sui dazi USA rischia di mettere in ginocchio l’intero comparto agroalimentare. Le nuove tariffe americane, ancora in fase di definizione, potrebbero colpire duramente i prodotti simbolo del territorio, come i vini DOCG, i formaggi DOP e la carne di Razza Piemontese.
«Non sappiamo ancora quali prodotti saranno inclusi nei “dazi zero”, ma anche solo l’accordo sul 15% è fonte di grande preoccupazione» dichiara Bruno Mecca Cici, presidente di Coldiretti Torino. Sebbene l’intesa sia meno pesante rispetto all’ipotesi iniziale del 30%, resta l’amaro in bocca per un’agricoltura già provata da troppe crisi: cambiamenti climatici, parassiti, land grabbing per il fotovoltaico e normative ambientali ritenute troppo penalizzanti.
Tra i prodotti torinesi più apprezzati negli Stati Uniti ci sono i vini Freisa, Carema, Erbaluce spumante, ma anche le etichette eroiche del Pinerolese e della Val di Susa. Non mancano le esportazioni di mele, pere, pesche e nocciole, spesso utilizzate da aziende dolciarie che a loro volta esportano Oltreoceano. Un giro d’affari che per Torino vale circa 300 milioni di euro. In tutto il Piemonte, il mercato USA rappresenta il 13% dell’export agroalimentare, in crescita del 3,5% nel 2024 e con un valore superiore ai 4 miliardi.
Per Coldiretti è urgente prevedere compensazioni, sia a livello europeo che locale, per le filiere che subiranno un impatto diretto dai dazi. E soprattutto, aggiunge il direttore Carlo Loffreda, è fondamentale non chiudersi nei confini nazionali: «Diversificare i mercati è vitale. Le nostre aziende devono continuare a guardare fuori, sfruttando anche gli strumenti digitali e la vendita diretta. La nostra agricoltura è pronta a raccogliere la sfida, ma va messa nelle condizioni di farlo».