Ven, 29 Mar, 2024

Racconigi 28 settembre 1938 : la lunga notte della Principessa di Piemonte Maria Josè

Racconigi 28 settembre 1938 : la lunga notte della  Principessa di Piemonte Maria Josè

I giorni del complotto antifascista per salvare l’Italia che avrebbe portato la moglie di Umberto II alla Reggenza

La cabala cita che non c’è due senza tre, ma per le donne di Casa Savoia, non fu così anche se una calda sera di settembre del 1938, la principessa Maria Josè fu molto vicina a raccogliere l’eredità di due grandi figure femminili che servirono in modo impeccabile la bianca croce di Savoia, ovvero la prima Madama Reale, Maria Cristina di Francia che resse il Ducato di Savoia alla morte del marito Vittorio Amedeo I dal 1637 in nome del primogenito Francesco Giacinto morto all’età’ di sei anni e fino al 1648, quando il secondogenito salì al potere alla maggiore età con il nome di Carlo Emanuele II, alla cui morte nel 1675 subentrò la vedova Maria Giovanna di Savoia-Nemours, essendo l’erede al trono Vittorio Amedeo II (futuro primo Re di Sicilia poi di Sardegna) ancora un bambino e che divenne Duca, anch’esso alla maggiore età, nel 1684: Maria Josè sarebbe stata quindi la terza Madama Reale, di una dinastia prigioniera di una dittatura nata con imbarazzanti tradimenti politici a sfavore del Re nel 1922.

maria josè savoia 1

Gli avvenimenti citati in questo articolo, prendono spunto da un brano giornalistico che ho letto alcuni giorni fa, che raccontano alcuni fatti, basati ovviamente su riscontri scritti, trovati e citati da una studiosa e ricercatrice universitaria che illustra come, durante un complicatissimo momento della storia europea, la Casa Reale di Savoia cercò di mettere fine alla dittatura fascista,senza però riuscire nell’intento per motivi internazionali.

Il 28 sarà quest’anno importante perché questo mese ricorderà la morte nel campo di sterminio di Buchenwald della cognata della Regina Maria Josè, la Principessa Mafalda di Savoia. Il 28 settembre sarà l’anniversario dei fatti che cito ora, il 28 ottobre alcuni ricorderanno un centenario a Roma, il 28 novembre saranno i 70 anni dalla morte della Regina Elena nell’esilio di Montpellier e il 28 dicembre i 75 anni dalla dipartita del consorte Vittorio Emanuele III ad Alessandria d’Egitto. 

Ma partiamo dall’inizio.

Con l’avvicinarsi della primavera del 1938, l’Europa assiste alla scalata militare incontrollata di Hitler, che dopo aver annesso l’Austria con l’Anschluss, mira ad ottenere anche parte della regione dei Sudeti ad ovest della Cecoslovacchia, territori abitati in prevalenza da cittadini di lingua tedesca, che Hitler pretende  far ritornare  nella  visione della sua Grande Germania . Il partito che  li rappresenta, il SDP, con a capo Konrad Henlein, molto vicino a Hitler e con un ampio consenso politico alle spalle proveniente dai territori contesi, incontra il dittatore tedesco a Berlino il 28 marzo 1938 e da questi invitato a far pervenire al governo cecoslovacco, la classica lista di richieste inaccettabili, su cui si basa la Germania per intervenire con la forza, ma mantenendo un profilo di legalità di fronte all’opinione pubblica internazionale. Il 24 aprile le richieste vengono inoltrate al presidente cecoslovacco Edvard Benes che li rifiuta in toto,ma la situazione è ormai compromessa, tanto che dopo alcune trattative, lo stesso accetta di firmare un documento di otto punti, confusi e poco chiari, sapendo che  molti tedeschi dei Sudeti è favorevole all’annessione con la cosiddetta “madrepatria”, tanto che a maggio il partito che li rappresenta, il già citato SDP, si ritrova una vittoria schiacciante alle elezioni, con l’85% di voti a favore del progetto voluto da Hitler.

Neville Chamberlain

Inoltre sia la Francia che la stessa Gran Bretagna , in particolare quest’ultima con il Primo Ministro Neville Chamberlain, ritengono che gli abitanti dei Sudeti abbiano le loro valide ragioni, quindi in una ottica di riappacificazione, cercano un compromesso verso  il  governo cecoslovacco e Benes il 2 settembre è costretto ad accettare tutte le richieste di Henlein a nome del SDP, anche perché il 7 settembre il partito filotedesco scopre la sua vera faccia, facendo scoppiare violenti disordini ad Ostrava, dove si alternano distruzioni e vandalismi gratuiti, atti a destabilizzare l’intera nazione. In questa situazione e guidati dal Fuhrer, l’SDP rompe i negoziati con un proclama a voce del suo leader che chiede espressamente allo stesso Hitler di annettere i Sudeti.

A questo punto il dittatore tedesco ha la sua carta da giocare, avendo una formale richiesta di aiuto da parte dei connazionali in Cecoslovacchia ed avverte sia la Francia che l’Inghilterra, minacciando di invasione non solo i territori contesi, ma addirittura, l’intera nazione. Parigi e Londra inviano quindi anche loro un ultimatum al governo presieduto da Benes, ma il 21 settembre, lo stesso, cade e due giorni dopo sale al potere il generale Jan Syrovy, che immediatamente ordina la mobilitazione generale dell’esercito cecoslovacco, forte di molte unità di combattenti ma anche di una notevole linea di fortificazione,posta da tempo, sui confini verso la Germania. Interviene nella questione anche la Russia, che si schiera con Sirovy, a patto però che anche la Francia e l’Inghilterra facciano altrettanto, altrimenti niente aiuto militare.

Il 24 settembre è la Germania a far saltare il banco, spedendo il solito ultimatum inaccettabile al governo cecoslovacco. I giochi sembrano fatti, ma come sempre, all’ultimo istante , c’è sempre chi cerca una impossibile mediazione e questa volta l’ideatore è l’inglese Chamberlain, che, al pari della Francia, non vuole la guerra sul territorio europeo, vista la supremazia militare dei nazisti, gia’impegnati nella guerra civile spagnola nel dar man forte al generale Franco, altro dittatore che però non si lascerà attrarre dalle sirene germaniche nella conquista del mondo. Il Primo Ministro inglese invita Mussolini, vista la sua  amicizia con Hitler a mediare la situazione il più velocemente possibile, ed il 29 settembre a Monaco di Baviera tutte le parti in causa si troveranno attorno ad un tavolo per decidere il destino dei Sudeti, ma con l’attore principale assente perché non invitato, cioè il governo cecoslovacco. Il 30 settembre verrà firmata la capitolazione inerente ai Sudeti.

Duce a Monaco

Chamberlain verrà ritenuto responsabile, in Inghilterra, di aver tenuto un profilo non in linea con la situazione che si era creata ad opera di Hitler, sicuro di aver evitato una guerra, inconsapevole di essere stato l’ingenuo promotore dell’immagine internazionale di un Hitler che aveva rafforzato la sua posizione, costruendo un’alleanza di fatto militare e dittatoriale con Mussolini, e di aver messo quindi le basi per un nuovo, terribile, conflitto.

Ma cosa accade in Italia e precisamente a Racconigi, un piccolo paese nella pianura piemontese a metà strada dalla vecchia capitale Torino alle dolci vette dei monti attorno a Sant’Anna di Valdieri, luoghi cari alla Famiglia Reale, che ha visto nascere il Principe Ereditario Umberto nell’antico castello dei Carignano di quel  villaggio, per poi vederlo in vacanza alle terme ed alla palazzina di caccia nei boschi del cuneese ?

E’ una storia, anche questa, bella ma troppo spesso dimenticata, sia dalla politica odierna, scusandomi di chiamarla ancora così come se esistesse ancora in Italia una classe dirigente degna di questo nome, sia dalla quasi totalità degli storici, troppo spesso impegnati a demonizzare la Dinastia  Sabauda ed i suoi secolari rappresentanti, quasi fossero un consesso atto a dirigere una bocciofila e non invece considerarli quello che, sono stati, ovvero dei governanti millenari, che sono passati attraverso la storia con dignità.

Ebbene in quel settembre del 1938, il castello di Racconigi è stato per alcuni giorni, il luogo al mondo, in cui , forse, probabilmente, speranzosamente, le sorti di milioni di uomini sarebbero potute cambiare, grazie in particolare ad una donna. Gli uomini e le donne che avevano evitato per cultura, intelligenza, per semplice buon senso e dignità l’ubriacatura della dittatura fascista, avevano in quei giorni ormai capito che l’Italia si stava avviando verso un baratro che ogni giorno si avvicinava sempre più inghiottendo speranze e gioventù in un tragico gioco dell’oca, dove ogni casella conquistata con un tiro di un dado, portava alla guerra, di fronte alla quale non eravamo pronti.

La guerra d’Africa voluta da Mussolini aveva portato in dote al Re un Impero barcollante e povero, la guerra civile in Spagna era solo un addestramento collettivo dello scontro tra civiltà ed eserciti che si allenavano in vista del massacro generale, mentre in Germania, nel totale silenzio della Comunità Internazionale, fin dal 1934 erano stati costruiti i lager che avrebbero visto svanire tra indicibili sofferenze milioni di essere umani, ad opera dei nazisti. Hitler aveva imparato il mestiere del dittatore da Mussolini, il quale essendo un teatrante costretto ad improvvisare i suoi discorsi su basi comunicative che aveva imparato da giornalista repubblicano e socialista non aveva né la forza né i mezzi per competere con il collega tedesco, anzi, con l’andar del tempo ne era terrorizzato, tanto che divenne suo alleato bellico, più per paura che per calcolo.

A distanza di tanti anni, vedendo le sue arringhe dialettiche dal balcone di palazzo Venezia, con le sue inconfondibili movenze grottesche, la sua gestualità, le smorfie del viso, gli occhi aperti a dismisura, con la corte dei miracoli un passo dietro alla sua persona, mentre davanti a sé  centinaia di migliaia di persone urlanti ad inneggiar alla sua grandezza, un uomo si dovrebbe chiedere, perché tanta stupidità ed ignoranza in quell’Italia? In effetti molti italiani erano rimasti sobri, di fronte allo spettacolo di una dittatura da operetta, che però stava trascinando la Nazione al disastro, ed alcuni di loro erano presenti al castello di Racconigi quel 24 settembre 1938: molti, se non tutti, avevano capito che Mussolini andava fermato, si sapeva che psicologicamente il Duce era succube di Hitler, l’allievo aveva superato il maestro, quindi non era più affidabile, se mai lo fosse stato in passato, ed era ormai arrivato il momento di sostituirlo come capo di un discusso fascismo.

Duce con Chamberlain

La Famiglia Reale  non aveva simpatia né per il fascismo né per il Duce, tanto che Vittorio Emanuele III si oppose fermamente all’invito di Mussolini di porre sul vessillo tricolore i fasci littori, ed il Principe ereditario Umberto, in tutte le manifestazioni ufficiali, vestì sempre la divisa del Regio Esercito, per salutare con il classico gesto militare evitando quindi  di fare il classico saluto fascista e mai indossò la camicia nera, contrariamente ai suoi cugini Aosta. Quando poi Mussolini prese a sostenere Hitler, Vittorio Emanuele III iniziò a ricordarsi di come era considerato in passato dall’Imperatore Guglielmo II ed iniziò quindi a rimembrare l’arrogante supponenza di una casta militare che avrebbe portato la Germania alla disfatta nella prima Guerra Mondiale: anche lui sapeva che era ormai questione di tempo.

Quando il 24 settembre la Germania manda l’ultimatum alla Cecoslovacchia, che si opponeva all’annessione tedesca dei Sudeti, in una sala del castello di Racconigi si trovarono di fronte, oltre ad alcune persone di cui non si sa il nome il Generale Badoglio, un avvocato milanese, mai identificato, capo del movimento clandestino di opposizione al governo fascista, e la Principessa di Piemonte Maria Josè : per dimostrare l’unità di pensiero della coppia al castello è presente anche Umberto di Savoia, che gioca con Maria Pia ed il piccolissimo Vittorio Emanuele, non potrebbe fare altrimenti, il suo ruolo impedisce la sua presenza nella sala, quindi tutto è delegato,  alla giovane Principessa. Tutti sanno bene che in caso di attacco della Germania alla Cecoslovacchia, Mussolini correrà a fianco di Hitler, è il momento di fermare la storia, di riprendersi quel futuro che sta scappando via agli italiani ed al mondo intero.

pietro badoglio

La discussione va avanti per ore, la decisione è quanto mai delicata, ma non c’è più tempo, occorre arrestare Mussolini, Badoglio con pieni poteri avrebbe dovuto introdurre la legge marziale per evitare disordini a causa dello sconcerto generale, ripristino dello Statuto Albertino in vigore dal 1848 , un sostanzioso pacchetto di riforme che avrebbero avuto un forte impatto sia sull’economia che sulla società civile con epurazione di quanti avessero ancora seguito la via tracciata dal fascismo: nessuna vendetta, ma un perdono per coloro i quali avrebbero preso le distanze dal Regime.

Per quanto riguarda il Re, avrebbe dovuto immediatamente abdicare in favore di Umberto, il quale però avrebbe dovuto rinunciare al trono a favore del figlio Vittorio Emanuele di appena un anno e mezzo, indicando quindi come reggente la madre Maria Josè, fino alla maggiore età del piccolo erede al trono: all’epoca la maggiore età si raggiungeva compiendo 21 anni, quindi Maria Josè esercitare il suo ruolo fino al 1959 !

Tutto deciso, all’alba del 25 settembre 1938, si dice che il giorno dopo Umberto firmerà il documento che dà il via libera alla moglie come reggente al trono, mentre l’operazione vera e propria che inizierà con l’arresto di Mussolini, avverrà il 28 settembre alle 3 del mattino, ma il giorno 27 arriva una notizia che getta tutti nel panico: se la Germania vedesse rifiutare l’ultimatum alla Cecoslovacchia, il Duce ordinerebbe la mobilitazione generale per congiungersi nell’abbraccio, considerato da tutti mortale con Hitler: si sa anche che il Re si rifiuterà di firmare l’ordine, abdicando seduta stante!

Badoglio, che molti sospettavano di voler la Reggenza per se stesso, sposta di un giorno la data del colpo di Stato rinviandola al 29 settembre ed a questo punto, Maria Josè si sarebbe impuntata, sorretta anche da altri personaggi presenti, ad andare avanti con la data prevista del 28, senza spostare di una virgola le fasi del complotto precedentemente studiato a tavolino: sono minuti concitati, la Principessa invita il generale Badoglio ad andare avanti subito, senza tentennamenti, nulla deve essere modificato del piano originale, i toni si alzano, diventano anche aspri, la tensione è tremenda ed ancora oggi, sapendo poi come andò a finire alcuni anni dopo, non si riesce a non tifare per quella bella ragazza bionda, belga, intelligente, educata a Firenze, figlia di un Re che non si piegò a quella stessa Germania già nel 1915 e ne uscì vincitore, una donna ma certamente un leone, come quello che campeggia nello stemma belga.

Badoglio,  Capo di Stato Maggiore Generale all’epoca, rinviò l’operazione, non ascoltando i consigli dei presenti, tanto bastò che il 28 settembre, Chamberlain riunisce a Monaco i rappresentanti di Francia, Germania ed Italia, quest’ultima rappresentata, come voluto dal Primo Ministro inglese, da Mussolini: non ci sarà la guerra, ma quel giorno sdoganerà le velleità di Hitler sul mondo intero, accompagnato nel disastro finale dal Duce.

La notizia dell’accordo giunge a Racconigi, ma forse i congiurati già sapevano che con la partenza di Mussolini per Monaco, la guerra, per il momento, sarebbe stata rimandata , quindi vengono bruciati e fatti sparire tutti i documenti che potrebbero un domani comprovare il complotto ordito a Racconigi, non si deve lasciare traccia di nulla, il Duce arriverà dalla Germania più forte di prima, con un’aureola di mediatore politico, che la propaganda fascista enfatizzerà a beneficio della figura di statista del dittatore italiano. Forse non sapremo mai, chi furono i protagonisti di quei caldi giorni presenti al castello di Racconigi, alcuni documenti sono stati ritrovati all’estero, ma che sia tutto vero è sicuramente provato, anche se poi, con il passare del tempo, si perdono nell’ovattata nebbia dei ricordi lontani nel tempo.

maria josè savoia 2

Maria Josè in quei giorni aveva compiuto da poco 32 anni, essendo nata ad Ostenda nel 1906. Morirà in Svizzera, nel Cantone di Ginevra il 27 gennaio 2001. Dopo la morte di Umberto, avvenuta nel 1983 in esilio, Maria Josè poté ritornare in Italia nel 1988, non per un gesto politico ma in virtù del fatto che essendo vedova, non valeva più per lei l’obbligo di esilio previsto per la consorte. Riposa ad Altacomba, nell’antica Abbazia, primo sito sepolcrale di Casa Savoia, distrutto e profanato durante la rivoluzione francese, ricomprata e completamente restaurato dall’ultimo discendente in linea diretta di Umberto Biancamano, il Duca di Savoia e Re di Sardegna Carlo Felice (1821-31).

 

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