Avetta (PD) «assistiamo alla protesta di un settore importante ma spesso poco considerato in Piemonte. Cirio non sottovaluti la rabbia degli agricoltori»
Un migliaio di agricoltori italiani di Coldiretti stanno manifestazndo da questa mattina in Place de Luxembourg, davanti alla sede del Parlamento Europeo dove è in corso il vertice straordinario per l'approvazione del Bilancio UE alla presenza anche della Premier italiana Giorgia Meloni. Vertice che vorrebbe togliere risorse all'agricoltura comunitaria e che nei giorni scorsi ha già provocato durissime manifestazioni di protesta in Germania e Francia. Intanto in mattinata ci sono stati roghi e scoppi di petardi ed è perfino stata abbattuta una scultura storica.
«Chiediamo che sull’import ci sia un netto stop all’ingresso di prodotti da fuori dei confini Ue - spiega il presidente nazionale di Coldiretti, Ettore Prandini - che non rispettano i nostri stessi standard. Non possiamo più sopportare questa concorrenza sleale, che mette a rischio la salute dei cittadini e la sopravvivenza delle imprese agricole».
Sugli accordi commerciali occorre garantire il principio di reciprocità e in tale ottica è positivo l’annuncio della Commissione Ue sul fatto che «non sono soddisfatte le condizioni per raggiungere un accordo commerciale con i Paesi del Mercosur, il mercato comune dell’America meridionale di cui fanno parte Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay - prosegue -. Una scelta che segue la denuncia della Coldiretti in Italia e della Fnsea in Francia sulla concorrenza sleale provocata dalle gravi inadempienze di molti Paesi sudamericani sul piano della sostenibilità delle produzioni agroalimentari con rischi per l’ambiente, la sicurezza alimentare e lo sfruttamento del lavoro minorile evidenziato dallo stesso dipartimento del lavoro statunitense».
Coldiretti chiede di tornare a investire nella sovranità e nella sicurezza alimentare europea assicurando più fondi alla Politica agricola comune dopo che la pandemia e le guerre hanno dimostrato tutta la fragilità dell’Unione europea davanti al blocco del commercio mondiale, ma anche la difficoltà del sistema produttivo sconvolto dalla violenza dei cambiamenti climatici, per proteggersi dai quali servono investimenti adeguati nella difesa attiva e passiva.
«Serve la cancellazione dell’obbligo di lasciare incolto il 4% dei terreni destinati a seminativi imposto dalla Politica agricola comune (Pac) per invertire la rotta rispetto alle follie dell’Ue – aggiunge ancora Prandini -. Non ha senso impedire agli agricoltori di non coltivare quote dei loro terreni, quando poi si è costretti ad importare, come sosteniamo da anni, una delle eredità della folle era Timmermans con il quale ci siamo confrontati molto duramente, unici in Europa, aprendo una breccia. In occasione della crisi Ucraina avevamo ottenuto una deroga, la nuova bozza di deroga che la Commissione sta proponendo va corretta perché contiene troppi vincoli. È ora che l’obbligo venga eliminato definitivamente».
E conclude «alla Presidente Meloni chiediamo di continuare a tutelare gli agricoltori italiani portando in Europa le nostre ragioni. Serve un cambio di passo rispetto al recente passato. Non ci può essere più spazio per politiche ideologiche che hanno penalizzato gli agricoltori, mettendo a rischio tante filiere anche nel nostro Paese. L’Europa deve investire nella propria autosufficienza alimentare, respingendo modelli omologanti come quelli del cibo artificiale e riconoscendo il ruolo di presidio dell’ambiente che le imprese agricole svolgono ogni giorno. La nostra battaglia in Europa continuerà in maniera forte e continuativa con proposte per il futuro degli agricoltori».
Anche dal torinese a Bruxelles sono arrivati circa un centinaio di agricoltori che hanno risposto all’appello di mobilitazione lanciato da Coldiretti per fermare le politiche europee che minacciano l’agricoltura italiana.
«Una chiamata a raccolta organizzata in Europa, dove serve fare sentire, forte, la voce delle nostre aziende agricole – osserva il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – a dimostrazione di quanto la nostra agricoltura senta sulla propria pelle l’effetto di politiche europee sconsiderate che limitano le funzioni dell’agricoltura preziose per tutta la società: dalla produzione di cibo naturale e non sintetico, fino al presidio contro il dissesto del territorio».
E una prima manifestazione, nei giorni scorsi si era già svolta a Caluso a margine della quale il consigliere regionale del PD piemontese, Alberto Avetta afferma «il comparto agroalimentare è importante a livello nazionale e a maggior ragione lo è in Piemonte, dove altri settori sono in affanno a cominciare dall’automotive. L’agroalimentare piemontese vale il 14,9% delle esportazioni nazionali di settore, siamo la quarta Regione in Italia per importanza. La destra governa il Piemonte da cinque anni ormai, durante i quali questo mondo non ha ricevuto l’attenzione che merita. E la Giunta Cirio commetterebbe un grave errore se sottovalutasse questa protesta. Tra il 2010 ed il 2020 le aziende agricole piemontesi sono calate del 23%, con un meno 6,9% di superficie coltivata. Sono dati allarmanti che confermano un fatto chiaro: chi vive di agricoltura oggi fatica a ricavarne un reddito adeguato. Se si produce in perdita non si regge a lungo. E gli agricoltori piemontesi da troppo tempo spendono più di quanto ricavano dalla vendita dei loro prodotti. Se quello agroalimentare è un comparto trainante per il Piemonte, allora come tale deve essere considerato dalla politica regionale».
Anche il consigliere regionale Matteo Gagliasso (Lega) esprime vicinanza agli agricoltori e allevatori di Cuneo, riuniti in strada per la protesta dal significativo slogan "No farmers no food no future".
«La manifestazione cui ho partecipato stamattina, ha raccolto le riflessioni di centinaia di partecipanti provenienti da diverse zone della provincia, preoccupati per i gravosi tassi di interesse sugli investimenti e all'aumento dei costi delle materie prime. Come rappresentante del territorio conosco e condivido l'importanza delle rivendicazioni portate avanti - commenta -. Giusta la richiesta degli agricoltori di attivare un gruppo di lavoro per un dialogo costruttivo con le istituzioni, mirando a una programmazione del lavoro più seria. Inoltre, condivido la preoccupazione per la sleale concorrenza da parte di Paesi con restrizioni operative e produttive diverse da quelle italiane. Le misure introdotte per rinnovare la Politica Agricola Comune possono minare la competitività del settore agricolo europeo rispetto alle importazioni. Sosterrò attivamente iniziative volte a garantire un dialogo equo e a promuovere soluzioni che tutelino gli interessi degli agricoltori e degli allevatori di Cuneo».