Nell’analisi di un complesso di albumine formato “carte de visite” ritrovato in un vecchio archivio privato
Questo album fotografico, completo in ogni suo spazio e contenente quindi 192 fotografie formato Carte De Visite in albumina e 2 Carte Gabinet, racconta in modo straordinario epoche che appaiono lontane, ma sicuramente più vicine, ogni anno che passa, ai sentimenti delle persone che amano la storia e le vicende dei personaggi che hanno vissuto da protagonisti quei momenti importanti, come il Risorgimento italiano, ancora oggi motivo di dibattiti e di diatribe non solo tra storici ma in particolar modo nella società civile come quella italiana che da 160 anni si interroga sul tema dell’Unita’ d’Italia.
La cosa che colpisce profondamente nello sfogliare questa carrellata di visi ed atteggiamenti, per uno studioso attento delle vicende post risorgimentali, è l’impostazione che l’autore o gli autori di questo album, hanno voluto dare, sia nella forma che nella sostanza: la forma è rappresentata da tre categorie di personaggi, tutti identificati e tutti con un curriculum di straordinaria importanza storica e sociale, ove spicca per importanza la figura del primo Re d’Italia Vittorio Emanuele II di Savoia.
Le prime pagine sono dedicate a lui, segno quindi che l’autore è profondamente orgoglioso di essere italiano, piemontese sicuramente, soldato, in quanto il Re come tale è comandante supremo delle forze armate e quindi il primo della fila, sul gradino più alto come l’iconografia del tempo attraverso le stampe, i disegni ed i dipinti, raffigura Vittorio Emanuele II, ma subito salta all’occhio che nella pagina d’apertura, il Re è raffigurato non in divisa ma nella tenuta di caccia che lui amava portare e nello stesso tempo farsi ritrarre: il primo scatto in alto a sinistra, il fotografo Le Lieure ci dona il Re in posa appoggiato al suo fucile e con il suo cane da caccia preferito. In verità erano due e si chiamavano Milord e Lisa.
Questa scelta dimostra che l’archiviante conosce bene il suo Re, sa quindi perfettamente che l’album messo in visione ad esponenti della nobiltà subalpina, come era di moda fare dopo una cena, tra un sigaro ed un bicchierino di vermuth nella Capitale d’Italia dell’epoca, sia essa stata Torino o Firenze, ma non Roma e dopo andrò a spiegarlo, troverà consensi in quanto il monarca di Savoia è amato, rispettato il giusto, un uomo che se non ispira fiducia estrema, neanche incute un qualsivoglia timore, non c'è spavalderia nei suoi atteggiamenti, anche un po’ imbarazzati di fronte ad una macchina fotografica che all’epoca doveva essere vista come noi oggi vediamo un drone sorvolare le nostre teste.
ll Re in divisa appare nella pagina seguente ove le pose sono più attente, marziali, rigide come l’uomo fotografato, il capo alto, la fronte completamente scoperta, nessun cappello perchè il soggetto, tranne quello a larghe falde portato in montagna durante le lunghe battute di caccia, non ama i copricapi ed addirittura odia quelli militari che non indossa quasi mai, se non costretto dalle occasioni di gala e rappresentanza perchè non è a suo agio quasi intrappolato in uno scafandro, lui che invece adora l’aria aperta e gli abiti informali.
Il Re suda e questo con i cappelli d’estate o al chiuso diventa un problema drammatico in quanto nell’ultima decade della sua vita si tinge di nero la capigliatura, lui che ha sempre avuto una chioma sul castano rossiccio e quindi molto facile che una qualche riga di sudore nero scenda sul viso o sul collo all’improvviso dal copricapo: ancora oggi nella residenza reale di Borgo Castello della Mandria di Venaria, si può vedere dove Vittorio Emanuele appoggiava il capo fuori dal cuscino sulla testata del proprio letto in quanto sono rimasti gli aloni scuri lasciati dai suoi capelli tinti di nero corvino.
In queste immagini, quasi tutte ritoccate per fare apparire il Sovrano in splendida forma fisica, si notano la mancanza del neo sulla guancia destra che porterà per tutta la vita e che negli ultimi anni aumenta di dimensione e che solo alcuni rari ritratti personali ad olio evidenziano, come le palpebre cadenti molto pronunciate che vengono abbreviate come le borse sotto i due occhi che in alcuni casi vengono fatte addirittura sparire. Si, in effetti, il primo Re d’Italia non fu un Adone e lo si può ammirare e capire in uno scatto fantastico che lo ritrae in stivaloni e pastrano appoggiato ad uno steccato con il cilindro in mano, scapigliato e con aria distratta, ma di una semplicità inaudita, con il protagonista perfettamente a suo agio in un contesto che di regale non ha nulla. In questa pagina dove il Re è ritratto di nuovo in borghese, quasi a suggellare il fatto che il Sovrano amava questi abiti civili e poveri nello stesso tempo, termina con una foto che lo vede in frac e cilindro in mano, dove è evidente il ritocco del fotografo sulle spalle che in questo caso non sono cadenti, ma il Re viene letteralmente ”tirato su” nella figura e la dissonanza con le reali fattezze della fotografia precedentemente descritta sono drammaticamente evidenti: se nel ritrarre il busto il fotografo non può, essendo un primo piano, ritoccare le spalle perchè la figura pingue che ritrae non può di natura avere le spalle diritte, nelle albumine a tutto corpo, c’è sempre la tendenza a ”migliorare esteticamente” il soggetto.
Le prime, tre pagine dedicate al sovrano, fanno da preludio alla famiglia Reale di Savoia, con tutti i personaggi che la storia di quel periodo ricorda,ma queste vengono precedute da due scatti che senza parole possono invece raccontare due vite incredibili: Cavour e Garibaldi. La prima in uno scatto di Duroni di Milano, la seconda eseguita dopo lo sbarco dei Mille a Marsala: qui si nota, come nella prima pagina, l’impostazione data dall’autore di questo album di memorie, vale a dire che tutti sono importanti, ma qualcuno lo è stato di più, quasi un tributo ai padri della patria, quelli che sul campo e nelle aule si batterono per e con il popolo, ma qui si scorge anche l’animo militaristico e monarchico della persona che ha costruito questa serie di immagini: manca Giuseppe Mazzini, repubblicano, che non stimò mai i Savoia ma li sopportò perchè utili solo alla causa e per questo ed altri motivi ignorato in questa carrellata di personaggi illustri.
Ma la cosa sconvolgente che mai si era vista in un album che per la sua importanza iconografica era sicuramente di dominio visivo dell’alta borghesia e nobiltà e la presenza in 4° pagina della famiglia di Rosa Vercellana, la figlia del tamburo maggiore di Moncalvo, sposa morganatica di Vittorio Emanuele II, ritratta da Le Lieure prima con i figli, preceduta questa volta da una albumina che ritrae il Re in divisa in atteggiamento di comando, proprio come un capofamiglia come forse era intenzione di farlo apparire in quel contesto, poi con 4 scatti singoli a figura piena dove una donna ormai matura posa in abiti eleganti e con uno stile faticosamente imparato, poi i figli, il conte di Mirafiori e la Marchesa di Spinola avuti da Vittorio Emanuele: sono scatti rarissimi ed introvabili che danno l’esatta misura dell’importanza della raccolta. La particolarità è che questi soggetti (qui devo ricordare che il Re, interpellato sulle aspirazioni matrimoniale della Bela Rusin che voleva ad un certo punto regolarizzare l’unione, disse chiaramente “moglie si ma Regina mai) sono messi sullo stesso piano di tutti i componenti della famiglia reale che verranno di seguito, anzi prima di loro e subito dopo l’mmagine del Re, quasi a voler benedire e quindi accettare di buon grado il ruolo e relativa importanza della donna e dei loro figli secondi a nessuno.
Da qui appare evidente che l’autore riconosce il ruolo della Vercellana e la posiziona accanto al marito spaccando lo stereotipo di concubina che una certa classe politica gli addossava, usando poi tale retorica nei salotti culturali tentando di far arrivare venti denigratori anche nelle aule del governo.
Appena dopo la Marchesa di Spinola, nella stessa pagina, ecco apparire una figura che viene posta in questo spazio seguendo uno schema precedentemente descritto e vale a dire il riconoscimento ufficiale di una figura molto particolare nella galassia dei Savoia, la duchessa di Genova Elisabetta di Sassonia Coburgo Gotha, principessa tedesca vedova di Ferdinando di Savoia, fratello di Vittorio Emanuele II, che venne allontanata da Palazzo Reale perchè osò legarsi ad un altezzoso ufficiale di stanza a Torino di nome Rapallo (da Genova a Rapallo fu il tormentone della gente di allora che vide malvolentieri la caduta di stile di questa bellezza del nord come la definì Cavour).
Le due fotografie ci restituiscono una donna affascinante,sicura di sè, consapevole di essere la madre di quella che sarà la prima Regina d’Italia, Margherita, che fin da bambina accompagnò come dama le uscite di gala dello Zio Vittorio Emanuele, vedovo di Adelaide d’Asburgo e quindi senza una regina al fianco.Si può ben dire che Margherita svolse il ruolo di due Regine, quella non ufficiale durante il Regno di Sardegna a fianco dello zio Re e quella ufficiale a braccetto del marito e cugino Umberto.
Da qui in avanti la stessa Margherita è ritratta come giovanissima principessa, poi come giovane Regina. Montabone, fotografo in Torino, ci dona un busto della stessa colorata a mano dove la grazia della figura è impreziosita dalle dolci tonalità del rosa usato dall’artista, e, accanto al giovane Tommaso con preziosa didascalia che recita la data del 1864 si nota l’attaccamento al fratello che molte volte andrà a trovare al castello di Agliè in Canavese presso Torino. Più avanti lo stesso Tommaso è ritratto con la divisa da marina che non lascerà più fino al grado maggiore di ammiraglio.
Appaiono a questo punto le due principesse più importanti di Casa Savoia: Clotilde e Maria Pia.
Cominciamo dalla seconda. Nasce nel 1847 e nel 1862, a 15 anni, viene data in sposa al Re del Portogallo, Luigi di Braganza dal quale avrà due figli, Carlo e Alfonso. Contrariamente alla sorella, ha un carattere bizzarro e vivace, coraggiosa al punto di buttarsi in un fiume per salvare due ragazzini in difficoltà o lanciarsi tra le fiamme del teatro di Oporto per cercare di salvare le persone intrappolate all’interno. Ama il Portogallo e il marito, persona mite e buona di carattere, ha un profondo rispetto per quella terra e la sua gente che accolse in esilio il nonno Carlo Alberto che proprio alle foci del Douro esalò l’ultimo respiro. Da giovane è una ragazza carina e sa farsi ben volere come d’altronde il marito. In questo album, malgrado essa sia più giovane di Clotilde ,viene presentata prima lei, con il marito e i figli in posa però con la sorella, a suggellare un attaccamento fraterno che durerà tutta la vita, come dimostreranno in futuro le ultime immagini poi trasformate in cartoline postali, dove sia Clotilde che Maria Pia, sono sempre ritratte assieme a Moncalieri, nelle antiche ali del castello. Luigi Re del Portogallo viene omaggiato da due ritratti posti nella stessa pagina in cui spiccano due albumine di un giovane Duca di Aosta Amedeo, che regnerà per un breve periodo sul trono di Spagna: anche qui nulla è lasciato al caso perchè questo foglio di album è dedicato a due sovrani della penisola iberica, cognati e quindi proposti uniti.
Nella pagina seguente è un giovane Umberto ad apparire, mentre sarebbe stato logico aspettarsi la sorella Clotilde, ma l’autore desidera inserire il Re d’Italia al seguito e quindi al terzo posto di questa sua personale classifica, dei famigliari divenuti regnanti, quindi in modo corretto Umberto viene posto dopo Maria Pia Regina del Portogallo ed Amedeo re di Spagna completano questa visuale, due immagini della Principessa Maria del Pozzo della Cisterna, moglie di Amedeo e Regina di Spagna. Morì all’eta’ di 29 anni per una grave malattia polmonare dopo aver dato alla luce tre maschi che saranno famosi per il loro coraggio e il grande attaccamento al casato ed alla Patria: Emanuele Filiberto secondo Duca di Aosta, Vittorio Emanuele conte di Torino e forse il più famoso Luigi Amedeo Duca degli Abruzzi. Nessuno di loro è presente nell’album, perchè esso è composto solamente dalla linea diretta di successione al trono d’Italia, quindi per loro, tranne i genitori capostipiti Aosta, a giudizio e scelta dell’autore, non hanno motivo di essere posti in visione.
Ecco quindi apparire una giovane Margherita accanto alle albumine di Clotilde. Sembra quasi che l’autore voglia scusarsi del fatto di aver trascurato la primogenita di Vittorio Emanuele II, ma invece, se attentamente pensiamo al ruolo delle due principesse in ambito risorgimentale, è sacrosanto che zia e nipote siano ricordate fianco a fianco, perchè è evidente che senza il matrimonio di Clotilde con Gerolamo Napoleone, cugino dell’Imperatore di Francia e conseguente alleanza per sconfiggere nella Seconda Guerra d’Indipendenza le truppe austriache a Solferino e San Martino ,il Regno di Sardegna non sarebbe certamente diventato due anni dopo Regno d’Italia sotto la guida dei Savoia: a certificare questa scelta, la presenza nella stessa pagina della scultura di Vincenzo Vela che raffigura l’abbraccio tra Italia e Francia. In precedenza un’altra scultura di Vela fa capolino all’inizio dell’album tra le fotografie del primo Re d’Italia e rappresenta Napoleone I morente, statua tuttora presente a Torino nelle vicinanze dell’antica via di Susa. Parodia forse dell’ultimo Imperatore di Francia Napoleone III che messo in difficoltà dai prussiani e ignorate le sue richieste di aiuto al Re d’Italia, lascia a quest’ultimo la via aperta verso lo Stato Pontificio? L’autore sarebbe stato tanto cinico a pensare ed evidenziare tale comportamento? Lasciamo il dubbio e guardiamo le ultime due albumine di questo foglio che ci presenta due fotografie di un bel bambino biondo: Vittorio Emanuele III. L’autore mai avrebbe immaginato di aver aperto questa pagina con la prima Regina d’Italia e con l’Ultimo Re suo figlio, come dire. Come dire la storia di un Regno in 8 scatti fotografici.
E, la cosa che anche qui colpisce, è vedere nelle pagine seguenti le fotografie dei più importanti personaggi dell’epoca raffigurati nel momento della loro presenza nel Parlamento italiano, da Garibaldi al figlio Menotti, da Tecchio a Minghetti, da Cibrario a Benedetto Cairoli, dal Generale Menabrea ai fratelli Visconti Venosta, dal Generale Cugia a Sciotto Pintor, dal Ceneri allo Scialoja, dal Molenshoff a Rattazzi, e qui è doverosa una pausa.
Rattazzi è raffigurato per ben due volte in uno stesso scatto nello stesso formato cdv ma con con due tecniche diverse (albumina ed argento) nel momento solenne delle nozze con la Principessa Eleonora Wise vedova Solms. In questo scatto la coppia è a fianco del fratello di lei e della madre, Letizia Napoleone Wise. Uno scatto ritrae solamente madre e figlia, mentre ben 3 ritratti sono dedicati alla moglie di Rattazzi e per il ministro sabaudo un solo scatto: basta e avanza per l’autore, perchè secondo lui, la stella in quel momento è lei, la principessa Solms, e lo si nota bene quando appare uno scatto che ritrae il Generale garibaldino Stefano Turr con accanto la moglie, sorella della Wise-Solms. Un occhio attento può notare nella strana postura dell’ufficiale garibaldino, la sofferenza al braccio ferito nella battaglia di Castelfidardo dove una palla di moschetto ferì in modo serio il comandante. Ecco, quindi, questa raffigurazione del ministro italiano che sposa una rampolla della famiglia imperiale di Francia, una presa di coscienza che intende far conoscere al mondo che non è più il Gotha che si sposa internamente alla casta nobiliare di appartenena, ma l’Italia è ormai una nazione forte che si permette di mandare avanti un politico, seppur nobile, a chiedere la mano della nipote dell’Imperatore di Francia. Non a caso questo settore dedicato a ministri e senatori che termina appunto con l’unione Solms-Rattazzi, interrompe e spacca in due l’album dedicato ai rappresentanti della famiglia Reale d’Italia, quasi a voler rimarcare l’importanza dei personaggi precedentemente descritti nella formazione dell’Unità Nazionale: tanti garibaldini (Giuseppe, Menotti, Turr, Cairoli), ma anche fidati conservatori di memorie Sabaude (Cibrario, Menabrea, Cugia) fino ad arrivare ai rappresentanti di regioni che fino a poco prima erano solamente ignoti sudditi di piccoli e grandi stati discioltisi dopo la presa di Gaeta.
Seguono una galleria di immagini che ritraggono Margherita, il fratello Tommaso Duca di Genova, Clotilde e Plon Plon Gerolamo Bonaparte, marito libertino e poco fedele alla moglie Savoia che morirà in un anonimo albergo dopo una separazione inevitabile da una Clotilde che aveva da tempo abbracciato la via della fede e della carità, tanto da essere definita negli ultimi anni della sua vita "la santa di Moncalieri". Una delle immagini che la ritraggono è impietosa nella sua concreta sostanza in quanto una giovane Clotilde è fotografata di profilo e questa immagine ci regala una figura dai lineamenti del viso ove è evidente dai tratti somatici di questa infelice principessa che la stessa sia stata sfiorata fin dalla nascita da evidenti tare genealogiche, conseguenze di matrimoni contratti tra consanguinei (la madre Adelaide era la nipote di suo nonno Carlo Alberto) e quindi non è difficile supporre che tutti i figli di vittorio Emanuele II avessero ereditato quelle conseguenze che vengono attribuite alle troppe unioni tra parenti: il fratello Oddone Duca di Monferrato morto all’età di 20 anni storpio e la morte di altri cinque fratelli e sorelle alla nascita, sono purtroppo prove materiali.
Impietose anche le immagini del marito Gerolamo, goffo, gonfio, privo di ogni stile, completamente diverso da come ritratto in numerosi dipinti al tempo della sua presenza come consigliere imperiale della Corte di Francia e dello stesso cugino Napoleone III.