Gio, 21 Nov, 2024

Il sistema metrico decimale voluto da Carlo Alberto. Prove tecniche per l’unita’ nell’Europa del 1850

Il sistema metrico decimale voluto da Carlo Alberto. Prove tecniche per l’unita’ nell’Europa del 1850

Excursus storico nel Piemonte di metà '800 alle prese con un'innovazione epocale>

Da sempre siamo abituati a pesare e misurare le cose in base ad un concetto che ci lega ad unità di stima basati su quello che viene definito il Sistema Metrico Decimale, forse il primo provvedimento che vide l’unione di più nazioni europee verso la metà del 1800, di ragionare tutti assieme nell’unificare in un solo concetto, quello metrico appunto, il variegato universo dei pesi e delle misure, tanto che villaggio che visitavi, misure che cambiavano, anche se i centri urbani erano distanti il tiro di uno schioppo.

La rivoluzione francese aveva, tra le altre cose,cambiato anche le regole su questo settore, tanto che già dal 1791 una commissione a cui apparteneva il famoso fisico e studioso Lagrange, aveva stabilito di unificare il sistema esportandolo in quasi tutta l’Europa e naturalmente anche in Italia con l’arrivo di Napoleone ed il suo ormai famoso Codice Civile dei francesi,che ancora oggi è la base del diritto nei paesi democratici.

Ma con la sconfitta di Napoleone e l’avvento della Restaurazione, ovvero il tentativo di ripristinare i vecchi regolamenti negli Stati in cui il potere era ritornato in mano alle dinastie esiliate, tale sistema venne abolito ed anche il Piemonte si dovette arrendere ai voleri del ritornato Re di Sardegna, Vittorio Emanuele I, che nel 1818 spazzò via con un tratto di penna sul decreto, firmato il 4 luglio di quell’anno, di tutte quelle “modernità giacobine” invise alla vecchia aristocrazia, e tra queste anche l’innovazione sugli studi di Lagrange.

Solo nel 1848 il Re di Sardegna Carlo Alberto, di spirito liberale e riformista, reintrodusse il sistema metrico che entrò in vigore nel 1850.

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Ecco come incontrando un carrettiere monferrino che si recava al mercato settimanale per vendere i suoi prodotti, volendo chiedere al medesimo lo scopo e la destinazione del suo viaggio, avrebbe risposto così: «sono partito di buon’ora dal mio paese distante circa tre miglia da qui, dopo aver caricato la sera prima sul “cartun a caval”, dieci” brente “di vino da una “Carera” in cantina in cinque “butal” di legno assieme a due “butalin”».

Trattandosi di un agricoltore aveva anche tre “Rubbi” di farina,due “emine” e dieci  “coppi” di mais, e tra la paglia, si poteva notare un cesto di salice intrecciato ove erano presenti  “na deusina d’oeuv”, appoggiato ad un “sacco” di farina di segale.

Non poteva mancare il latte fresco che era contenuto nel “barachin” di forma cilindrica che poteva contenere, per l’occasione, sette “casul”di tale alimento.

Se poi si chiedeva il tragitto che intendeva percorrere, molto probabilmente avrebbe così risposto: «devo fare ancora sette miglia per arrivare al paese dove si tiene il mercato, ma devo passare per l’antica “porta del soccorso”, dove possono entrare i carri, posta ad almeno 63 trabucchi dalla “porta Maestra”, e qui una volta entrato, proseguire alla taverna del “Falco d’Oro” ,dove potrò rifocillare il cavallo e farlo riposare nella vecchia “posta di cambio”, da dove si entra per un viottolo largo non più di quindici “piedi”. Mentre al mio cavallo verrà data mezzo “miria” di biada, io mi gusterò al tavolo con gli amici una “pinta” di buon vino, poi quando l’uomo e l’animale si sentiranno ristorati, andranno alla “Piassa  d’el marca" passando per la contrada del “giauniss” dopo aver percorso altre quaranta “branche” ed entrando nello spiazzo dei “mercandin” largo circa cinque “tavole”, dove ci posizioneremo come sempre per vendere le nostre mercanzie nel “trabucco quadro” che la Regia intendenza del Fisco ci ordina di sostare onde poter scaricare le nostre masserizie ed incontrare i paesani, non prima di aver appeso la “stadera” alla sponda del carro e sceso la “brenta” ed il “boccale” con i “Regi timbri”, per dividere i liquidi».

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Leggendo queste righe, un giovane di oggi,e forse anche un adulto, non capirebbe quanti chilometri doveva fare questo povero cristo e forse quanti giorni rimanere lontano da casa, per vendere  il frutto del suo lavoro, nè quanti chilogrammi e litri di tutto quello che trasportava sono comprensibili ai più, senza parlare delle larghezze delle vie e l’entità delle superfici e spiazzi a loro volta raggiunti ed occupati.

Nel 1850 la stamperia degli artisti tipografi di Torino, pubblicò un piccolo vademecum dal titolo "Lezioni popolari sul sistema metrico” a cura di un non meglio precisato confratello delle scuole cristiane, per ordine del Ministero dell’Agricoltura e del Commercio per la diffusione del nuovo sistema dei pesi e delle misure nei Regii Stati. Questo libricino era un estratto dalla norma teorico-pratica per l’insegnamento del sistema metrico del medesimo autore: sì, perchè i parroci dei paesi furono coloro che, finita la messa domenicale, fermavano i giovani ed in particolar modo i capifamiglia, per insegnar loro (il tasso di alfabetizzazione era all’epoca drammaticamente basso, assieme alla vita media che sfiorava i 40 anni) che da quel momento non si doveva più ragionare per trabucchi e miglio per la distanza, ma metri e chilometri, non era più possibile vendere un emina di riso, bensì lo stesso prodotto in chilogrammi, non si poteva più vendere una brenta di vino ma l’equivalente in litri, e non si affittavano più due giornate di terreno coltivabile, ma si doveva redigere il contratto in are ed ettari.

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Il piccolo mondo antico al quale i nostri avi da secoli erano abituati cambiò improvvisamente e mai avrebbero immaginato che duecento anni dopo i loro pronipoti avrebbero dovuto imparare l’inglese per vendere le cipolle al mercato, munirsi di Pos e piegarsi al Cashback: poveri ma felici anche se all’epoca bastava una semplice influenza per mandarti al creatore……….

Qui di seguito traduco per l’ominide moderno, gli aggettivi usati per descrivere pesi, misure e superfici citati per il  nostro paesano, specificando per prima cosa ,che il sistema metrico è l'unione di tutte le nuove misure aventi il metro per base.

Tutta l’acqua pura che può contenere un litro, forma il kg che è quindi l’unità per le misure di peso.

Il decreto del 13 dicembre 1848 a firma del Ministro Luigi Torelli, prevedeva anche l’introduzione in ambito di misura monetaria della “Lira Nuova”, con l’effige del Sovrano Carlo Alberto, pesante 5 grammi e contenente 9 decimi di argento ed 1 decimo di lega o rame: al tempo la serie delle monete effettive decimali dello Stato si componeva di 12 pezzi, ossia quattro in oro, cinque in argento e tre in rame. Come detto in precedenza i dati potevano variare anche da comune a comune e quindi è ancora oggi molto complicato risalire ai dati.

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Miglio piemontese: metri 2.466

Cartun: carro agricolo di grande dimensione a due ruote trainato da cavallo

Brenta: litri 49,28

Carera: litri 492 o grande botte per il vino normalmente presente in cantina

Butal: litri 100 (bottale litri 394)

Butalin: litri 10

Rubbo: kg 9,25

Emina: kg 23

Coppo: kg 2,88

Sacco: kg115 (i sacchi che si portavano a spalla ai mulini)

Deusina: dozzina

Barachin: piccolo oggetto per il trasporto del latte ove la capacità variava

Casul: litri 0,7

Trabucco: metri 3,08

Piede: metri 0,27

Miria: kg 10

Pinta: litri 1,37

Branca: metri 1,45   …….”na branca’ ” grammi 40

Tavola: metri quadrati 38,01

Boccale: litri 0,68

Trabucco quadro: metri quadrati 9,50

Stadera: bilancia appesa

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Posta di cambio: luogo in cui gli addetti al servizio postale potevano riposare e cambiare la cavalcatura per ripartire. Molti di questi luoghi furono poi usati anche dai trasportatori che arrivavano a riposare dopo lunghi viaggi con i loro carri trainati da cavalli.

Porta maestra: la porta principale di accesso al ricetto di un villaggio

Porta di soccorso: termine militare con cui si indicavano i passaggi più protetti delle fortezze che conducevano esternamente alla piazzaforte, ma che indicavano anche un passaggio per i mezzi di trasporto più pesanti nei centri fortificati che avevano anche in tempo di pace, mantenuto le stesse strutture architettoniche.

Da tenere ben presenti che tutti gli strumenti citati per la misurazione, ossia i metri lineari, i recipienti di misurazione di liquidi e solidi e le bilance, di qualsiasi genere e forma, dovevano riportare il timbro a secco di controllo su metallo a cura degli ispettori del Regio Governo.

Le persone che non presentavano periodicamente gli strumenti a verifica oppure manomettevano o falsificavano i timbri regi, erano sottoposti a pene molto severe, per non parlare dei falsari di moneta ai quali poteva destinarsi una triste sorte da parte dei giudici del Regio Fisco. 

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