Una delle chiese più belle e antiche di Torino ricca di storia e arte
Una delle chiese più belle ed antiche di Torino, sorge appena varcata la soglia di Porta Palazzo, quasi a voler ricevere chi entra tra le antiche mura, quei visitatori che penetrando da questa porta, ora via Milano, incuriositi e silenziosi, quasi intimoriti dall’austerità dei palazzi circostanti, sfilano davanti alla Basilica dei Santi Maurizio e Lazzaro, a volte senza immaginare di trovarsi innanzi ad uno dei monumenti religiosi più importanti, seppur semplice nella forma architettonica a sublimare la praticità del popolo piemontese e nello stesso tempo, la secolare fede cristiana.
La Basilica sorge sul sito che ospitava fin dal XII secolo, la chiesa di San Paolo, parrocchia dal secolo XIII e dipendente dall’Abbazia di San Solutore.
La Confraternita di Santa Croce, già esistente nel 1350, acquistò nel 1572 l’edificio religioso affinché le sue riunioni avvenissero in un luogo tranquillo e silenzioso, lontano dal “quartiere degli Svizzeri” ove fino ad allora si riuniva in un minuscolo oratorio costantemente disturbato dal suono dei tamburi, tanto che a partire da quell’anno venne popolarmente indicata come “Chiesa di Santa Croce”.
Tale Confraternita divenne quindi nel 1608, Arciconfraternita della Santa Croce, che si occupò di abbellire il sito, in particolare con la costruzione dell’altare maggiore da parte dell’architetto Francesco Lanfranchi, ma con il passare del tempo e con l’aumentare dei confratelli, lo spazio non era più sufficiente per ospitare gli stessi e le loro attività caritatevoli e religiose, quindi si decise di costruire un nuovo tempio tramite una gara d’appalto, al quale bando parteciparono alcuni importanti architetti torinesi, uno dei quali, certo Michelangelo Morello, dopo aver presentato un progetto che sulla carta soddisfaceva le esigenze del committente, non poté iniziare l’opera per divergenze con lo stesso, che incaricò invece l’architetto svizzero Antonio Bettino, giunto da Lugano già per collaborare con Guarino Guarini ai lavori della cappella della Sacra Sindone, progettando anche l’Ospizio della Carità, antico edificio in via Po.
Il 1 luglio 1679, alla presenza della seconda Madama Reale, Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, ultima discendente dei Conti del Genevese e vedova del Duca di Savoia Carlo Emanuele II, si posava la prima pietra dell’edificio che ancora oggi si può ammirare e dopo circa venti anni, nel 1701, fu completata la costruzione del campanile, avendo dato la precedenza agli interni, completati nel 1699, tanto che nel 1702 l’Arcivescovo di allora, Antonio Vibò, benedì le campane, mentre i lavori continuarono nel 1703 ad opera di Antonio Bertola, già confratello del sodalizio, che disegnò il nuovo altare ancora oggi esistente.
Purtroppo le vicende militari sul territorio piemontese nell’ambito della guerra di successione spagnola, portarono ad una crisi finanziaria che investì non solo le casse ducali, ma anche le varie Confraternite presenti a Torino, quindi molti lavori non poterono essere ultimati, in particolare la cupola con relativo cupolino, la sacrestia e la facciata, che vennero completati solamente nel 1729; per quanto riguarda la cupola, grazie ad un prestito contratto dall’Arciconfraternita, mentre la sacrestia fu progettata nel 1779 da G.B. Feroggio ed ultimata nel 1785.
La facciata poté essere realizzata solo nel 1836, ad opera di Carlo Bernardo Mosca, famoso per aver progettato l’ardita campata in pietra del ponte di corso Giulio Cesare sulla Dora nel 1823, regnante Carlo Alberto.
La vicenda di questo antico sito religioso ebbe una svolta repentina nel 1729, ultimo anno di Regno di Vittorio Amedeo II, che desiderando da tempo assegnare all’Ordine cavalleresco, militare e religioso dei Santi Maurizio e Lazzaro, una chiesa come Basilica Magistrale in Torino, intimò all’ Arciconfraternita di Santa Croce, di cedere l’antica chiesa già di San Paolo, all’Ordine Mauriziano, facendo confluire il sodalizio nato nel 1608, alla Confraternita di San Maurizio.
Con Regie Patenti del 3 aprile 1729, Vittorio Amedeo II, primo Re di Sardegna, ufficializzò la fondazione della Regia Arciconfraternita dei Santi Maurizio e Lazzaro, unendo quindi l’Arciconfraternita di Santa Croce e la confraternita di San Maurizio nata nel 1603, in una unica realtà denominata Regia Arciconfraternita dei Santi Maurizio e Lazzaro, disponendo anche, visto che la confluita Confraternita di Santa Croce era la più antica di Torino, che in occasione di processioni religiose cittadine con la partecipazione di tutte le altre congregazioni religiose, la neonata Arciconfraternita Mauriziana fosse posizionata a capo del corteo, privilegio che ancora oggi è mantenuto.
Non essendo più in uso dal 1939, in queste occasioni, “l’abito di uniformità” che i confratelli e consorelle indossavano nei cortei cerimoniali, costituito da un saio bianco con cappuccio a nascondere l’identità del confratello, sul quale partiva dal petto un grembiule rosso con i simboli mauriziani, tale abito fu sostituito, a partire dagli anni ‘50, da una più comoda e sobria placca posizionata alla sinistra del petto, all’altezza del cuore e riportante i simboli dell’Arciconfraternita: tale modifica fu autorizzata dall’Arcivescovo di Torino ma tardò ad essere applicata causa una ferma, iniziale opposizione dell’Ordine Mauriziano.
Tale placca può essere indossata solamente all’interno della Basilica dei Santi Maurizio e Lazzaro o nelle processioni religiose autorizzate.
Proseguendo nella descrizione del Sacro Edificio a pianta ottagonale, si possono notare ai lati delle colonne all’entrata, le statue dei santi Maurizio (danneggiata nel corso della seconda guerra mondiale e custodita nella cripta) e Lazzaro, opera di Silvestro Simonetta e Giovanni Albertoni.
Altre otto colonne costituite da 10 pezzi di pietra di Gassino, si trovano all’interno della Basilica il cui ingresso è sovrastato dall’organo.
Una lapide in marmo nero ricorda i caduti della grande guerra e fu consacrata nel 1922 dal Cardinale Arcivescovo di Torino Agostino Richelmy.
Si possono ammirare splendidi sfondi affrescati dal famoso pittore risorgimentale Francesco Gonin, raffiguranti la fede, la speranza, la carità e l’Angelo portatore della Parola di Dio, mentre i pennacchi sono affrescati con pitture dello stesso Gonin, nei quali l’artista presenta i Santi Maurizio e Lazzaro, e due personaggi religiosi di Casa Savoia, i Beati Amedeo IX ed il Beato Umberto III.
Tali opere, compreso il dipinto nella cupola a rappresentare “Il trionfo della croce” di Paolo Emilio Morgari, furono eseguite negli anni 1858\1859 e finanziate dall’ultimo Re di Sardegna e primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II.
Nel 1695 fu edificato l’altare di sinistra dedicato a San Giovenale, in quanto qui si conservano le sue reliquie, il tutto ornato da una grande pala dedicata a San Francesco di Sales, dell’artista torinese Michele Antonio Milocco.
Sotto la pala è posizionato un dipinto ottocentesco raffigurante la Vergine Addolorata, già presente nei cuori dei torinesi nei secoli passati per miracoli, molti dei quali documentati, che colpirono profondamente la comunità cittadina.
Il Bertola disegnò invece l’altare maggiore nel 1703 che sostituì quello progettato precedentemente da Lanfranchi, ed è sovrastato da un crocifisso seicentesco di legno dorato, mentre ai lati sono posizionate quattro statue raffiguranti San Lazzaro, San Massimo, San Maurizio e San Secondo.
Sotto la mensa eucaristica è conservato il corpo di san Teodoro, proveniente dalle catacombe di san Callisto in Roma, posizionato nel 1748 con una maestosa cerimonia.
Sulla destra è posizionata la cappella di Sant’Orsola eretta nel 1727, dove si può notare la pala dedicata ad essa, opera del pittore lombardo Giovanni Pietro Scotti. Sotto l’altare sono conservate le reliquie di alcune sante, tra le quali Colomba, Serafina, Coronata, Bonosa e Giustina, tutte provenienti da Roma, mentre ai lati sono presenti due statue, una dedicata al Sacro Cuore di Gesù, l’altra, in legno, a Gesù flagellato. I confessionali furono disegnati da Carlo Ceppi ed intagliati da Carlo Tamone e si possono anche ammirare in un trittico, i Santi piemontesi Cottolengo, Bosco e Cafasso.
Sicuramente ad effetto, il maestoso coro circolare, dell’artista Carlo Maria Ugliengo, già collaboratore di Filippo Juvarra, sormontato da una ricostruita vetrata (quella originale subì anch’essa le ire del secondo conflitto mondiale andando distrutta), rappresentante San Paolo, mentre nella cupola del coro fa bella mostra di sè un dipinto dell’Assunzione della Vergine. Di particolare bellezza la settecentesca sacrestia dell’artista Feroggio, con un dipinto che raffigura San Maurizio, opera del pittore Recchi e conserva una “macchina processionale” in cartapesta che presenta il “Cristo Risorto” del luganese Plura su indicazione grafica di Francesco Ladatte.
Di notevole interesse due quadri ovali dedicati a San Giovanni Battista, Patrono di Torino e Maria Vergine, e due reliquiari con alcuni resti di San Giovenale e San Sebastiano. Nella piccola sala del consiglio, accanto alla sacrestia, è presente un grande quadro della metà del 1700, opera dell’artista Lasagno, che raffigura una processione religiosa dell’epoca in piazza Castello, un dipinto di ignoto dedicato a Santa Giovanna Francesca Fremiot di Chantal ed un’opera di Felice Cervetti che raffigura “l’estasi di San Maurizio”.
Corposo anche l’archivio dell’Arciconfraternita, con 1897 fascicoli nei quali sono custodite 44 pergamene, assieme al documento più antico che data 1370. Tale moltitudine di testimonianze comprendono gli archivi riuniti delle Arciconfraternite di Santa Croce, di San Maurizio e Lazzaro, confraternita di San Maurizio e della parrocchia di San Paolo.
Proprio sotto le fondamenta di quest’ultima, antica chiesa, dove venne eretta poi la Basilica mauriziana, è presente la cripta, non ancora visitabile perché totalmente da ristrutturare, dove sono sepolti illustri personaggi della storia sabauda e torinese, come il grande diplomatico di Carlo Emanuele III, Giuseppe Ossorio, il Cavaliere dell’Annunziata generale Solaro di Moretta, il pittore Pietro Domenico Olivero, il conte ed ingegnere della scuola di artiglieria sabauda Giuseppe Ignazio Bertola e la madre del Duca Emanuele Filiberto “testa di ferro”, ovvero Beatrice di Savoia.
A Torino, oltre alla già ampiamente citata Arciconfraternita di San Maurizio e Lazzaro eretta nel 1729, sono ancora oggi presenti l’Arciconfraternita dello Spirito Santo 1575, della Santissima Trinità 1577, della Misericordia 1578, e le Confraternite della Santissima Annunziata1580, del Santo Sudario 1598 e di San Rocco 1598.
Esse si differenziano dagli ordini religiosi perché non prevedono vita di comunità e voti che vincolano la persona, e sono associazioni di fedeli che hanno come scopo l’esercizio di opere di pietà, carità e diffusione del culto.
Nel 1572, l’anno in cui la Confraternita di Santa Croce acquistò la chiesa di San Paolo, oggi sito della Basilica Mauriziana, il Duca Emanuele Filiberto di Savoia, grazie alla bolla papale del 13 novembre dello stesso anno, divenne Gran Maestro degli ordini unificati di San Maurizio e San Lazzaro, dopo che il Gran Maestro di quest’ultimo Ordine, (nato nel 1090 in Terrasanta e dopo la caduta di Acri, spostato prima in Francia e poi a Napoli nel 1311, soppresso ed incorporato dal Papa nell’antico Ordine di San Giovanni dal 1400, mentre i cavalieri italiani, protetti dal Re di Francia, continuarono a mantenerlo in vita), Giannotto Castiglioni rinunciò alla sua carica in favore dello stesso Duca di Savoia, il quale già da tempo si muoveva per cercare di riunire i cavalieri di San Lazzaro con quelli di san Maurizio.
Mentre il Cavaliere di San Lazzaro era un militare religioso e l’Ordine era stato fondato con lo scopo di curare i lebbrosi, molti dei quali, guariti, divennero essi stessi Cavalieri, il Cavaliere di San Maurizio era un membro di una Confraternita religiosa, fondata nel castello di Ripaille nel 1434 da Amedeo VIII di Savoia, che ritiratosi a vita monastica in questo vecchio maniero in compagnia di altri nobili e fidati Cavalieri che dividevano gli stessi scopi e principi, ma senza l’autorizzazione dell’autorità apostolica, aveva dato vita a questa congregazione, che cessò di esistere alla morte di Amedeo, ultimo conte e primo duca di Savoia, passato alla storia come l’ultimo antipapa cattolico con il nome di Felice V.
Nel 1573, il 22 gennaio, venne quindi fondato l’Ordine di San Maurizio e Lazzaro a Lierna, sul lago di Como, ad opera del primo Gran Maestro, il duca Emanuele Filiberto, forte dell’autorizzazione papale dell’anno precedente.
L’atto di istituzione avvenne in una piccola chiesetta del borgo del castello di Lierna, già dedicata in precedenza a San Maurizio, soldato romano della Legione Tebea, martirizzato con tutti i suoi uomini cristiani, dall’Imperatore Diocleziano, rei di essersi rifiutati di massacrare la popolazione cristiana del Vallese e di altri luoghi: il generale romano Massimiano operò in un primo tempo mediante la decimazione, una condanna che prevedeva che un soldato cristiano su dieci, venisse decapitato, ma ai successivi rifiuti della Legione Tebea a perseguitare i cristiani delle vallate svizzere, decise di massacrare tutti i 6.600 legionari cristiani, compreso il loro comandante Maurizio.
L’insegna dell’Ordine è rappresentata dalla croce bianca mauriziana combinata con la croce verde di San Lazzaro e da 450 anni i suoi Cavalieri sono custodi di antichi principi che si ispirano a quei valori cristiani che ancora oggi sono le basi per una vita rivolta alla carità e al perdono.