Dom, 28 Apr, 2024

Amateis: imprenditore volpianese ad Addis Abeba. Nella campagna d'Africa, fondò un'impresa di bibite

Amateis: imprenditore volpianese ad Addis Abeba. Nella campagna d'Africa, fondò un'impresa di bibite

Tornò in Italia poco prima della Seconda Guerra Mondiale

Circa 50 anni fa ero poco più di un bambino che arrivava dalle colline del Monferrato. La mia famiglia si trasferì a Volpiano, e qui ebbi l’occasione di incontrare un piccolo industriale locale che produceva bibite gassate. Un uomo di bassa statura, gentile ed educato, sorridente e sempre disponibile al dialogo.

All’epoca non immaginavo che dietro questa persona minuta e riservata ci fosse una storia di un fantastico sapore esotico infarcita di tutte quelle grandi qualità che sono da sempre patrimonio della nostra gente. Ancora oggi, nella sua casa natia nel centro storico di Volpiano, è visibile la grande vasca sotterranea dove si produceva il ghiaccio che serviva a tutti coloro che non avevano ancora la fortuna di possedere una cella frigorifera, un piccolo mobile nato tra le due guerre mondiali, con una porta piombata e uno sgocciolatoio che serviva per raccogliere l’acqua del ghiaccio che lentamente si scioglieva: la prima attività di questo giovane ragazzo fu appunto la produzione di grossi pani di ghiaccio che egli sapientemente tagliava e distribuiva ai compaesani. Da qui il nome che lo accompagnerà per tutta la vita, ovvero, “Talìn d’la giassa”.

Ecco in breve la sua storia, raccontata dal nipote che porta lo stesso nome dell’avo, citata anche in un prezioso libro scritto dallo storico Dino Ramella riguardante la figura del Duca d’Aosta Amedeo di Savoia e gli italiani in Africa Orientale, e riproposta in questa occasione.
«Classe 1910, nonno Giovanni Amateis era stato richiamato per la Campagna d’Africa. Era autista su un autocarro addetto al trasporto di salmerie e rifornimenti. Questo incarico gli aveva permesso di vedere l’Etiopia, in particolare l’Eritrea ed Addis Abeba.

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Terminata la guerra, decise di stabilirsi in quei luoghi maturando l’idea di ideare un laboratorio di produzione di bibite gassate. Ricevuta un’area tra l’ippodromo e lo stadio nei pressi della capitale, con l’aiuto di alcuni commilitoni reduci congedati come lui, iniziò a scavare un pozzo e montò una pompa, prima manuale e poi funzionante attraverso un motore a scoppio usato, che pompava l’acqua in una vasca di fortuna formata da bidoni in lamiera collegati tra di loro e montati su dei pali. Le case antistanti erano state costruite in legno e ricoperte di lamiere ondulate come tetto. Preparati così i locali, e avendo a disposizione l’acqua, ritornò a Volpiano per acquistare le macchine necessarie per tale lavorazione, e accompagnato questa volta dalla moglie, ritornò ad Addis Abeba, in quella parte dell’Africa che tanto l’aveva colpito per la sua bellezza.

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La sua intuizione fu azzeccata, perché Giovanni cominciò a produrre impiegando molti indigeni come manovalanza ma provvide pure a distribuire le bibite con autisti dotati di relativi automezzi. Gli volevano tutti un gran bene ed era da tutti benvoluto e rispettato, avendo nel frattempo imparato correttamente la lingua locale. I bambini indigeni che la domenica andavano ad approvvigionarsi di bibite per poi venderle al vicino stadio, chiamavano la moglie di Giovanni “Signora Aranciata”.

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 A rovinare quella vita felice intervennero i tristi eventi della seconda guerra mondiale. Amateis riuscì, con grande intuito, a vendere l’attività avviata prima che la situazione precipitasse del tutto, e tornò al suo paese natale con la moglie prendendo una delle ultime navi che poterono attraversare il Mediterraneo senza pericoli .Una fortuna non da poco. La guerra ed il suo prematuro ritorno in patria non piegarono, però, la sua vocazione di imprenditore. Riprese, quindi, la sua attività di ghiaccio e bibite servendo tutto il basso Canavese, e lavorando con successo sino agli inizi degli anni ’70».

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